Nessun ragazzo, oggi, può dirsi adolescente senza aver ascoltato i Pistols: perché piacciono o più semplicemente perché “fanno figo”, ma sta di fatto che tutti abbiamo urlato a squarciagola quella grandezza che riecheggia nell’immortale “God save the Queen” (dove la regina rima con “the fascist regime”, e scusate se è poco negli anni settanta), in “Anarchy in the Uk” (Rotten dichiarerà di aver tirato in ballo l’anarchia per caso, solo perché “anarchist” rimava con “antichrist”, ma questa è un’altra storia), una delle canzoni più famose di sempre con quell’iniziale ghigno malefico, e in “Pretty vacant”, l’ultimo grande sussulto prima di avviarsi alla conclusione.
Nessuno può dire che “Never Mind The Bollocks” è un bel disco, perché qualitativamente non lo è e i Pistols stessi sono dei musicisti mediocri (in molti concerti Vicious suonava col basso staccato, giusto per dire …): perché allora se ne parla ancora, perché ricordarlo in questo battello di cristallo? Ognuno risponda come vuole, ma io ho le idee ben chiare: i Sex Pistols sono la dimostrazione vivente del potere del rock, capace di infiltrarsi nella società e, nel suo piccolo, di partecipare anche alla grande Storia guidando i costumi e le idee, di libertà ed anarchia, o semplicemente di ribellione, di milioni di giovani. Sbeffeggiare la regina da un battello, poi, non ha prezzo …