Dalla polvere e dal fuoco<small></small>
Americana • Rock

Rusties Dalla polvere e dal fuoco

2015 - Autoprodotto / IRD

02/02/2015 di Gianni Zuretti

#Rusties#Americana#Rock

Vi sono artisti che non amano le cose facili e, quasi fossero posseduti da una congenita attitudine al rischio,  sono specialisti nel ricercare sempre nuove sfide, specie se queste potrebbero complicare loro la vita, purtroppo o per fortuna sono fatti così ed è proprio questo che piace di loro. Di sicuro  Marco Grompi appartiene a questa categoria. Dopo passati anni a fregiarsi del titolo di miglior cover band europea di Neil Young, fama raggiunta attraverso molti concerti e  dischi di rivisitazione del repertorio del rocker canadese e dopo aver pubblicato due album di canzoni originali sempre in inglese, l’ottimo Move Along (2009) e il formidabile Wild Dogs (2011), per chi scrive un piccolo capolavoro che non ha avuto l’evidenza che avrebbe meritato, i Rusties decidono di prendere un pugno di significative canzoni anglo-americane, che abbracciano uno spazio temporale di oltre quattro decadi, e di rivisitarle  alla maniera dei “Rugginosi” scrivendo però  testi ad hoc in italiano. La vera sfida è stata questa, ovvero quella di  cercare di piegare la lingua di Dante alla metrica e alle note di un rock così preciso e anche fissato nel tempo da esecuzioni originali magistrali. Diciamo subito che sono brani di autori amati dai Rusties, spesso da loro  interpretati nei concerti ma anche canzoni di artisti che hanno scandito, oltre i migliori ascolti della nostra vita musicale, anche  il passare del tempo di Grompi e soci fino ai giorni nostri.

In questo nuovo album Dalla polvere e dal fuoco non c'è solo la fiammella di Young, peraltro sempre accesa, ma tanto altro, a cominciare dalla scrittura dei testi di Marco Grompi che sono cuciti con perizia sulle canzoni quasi fossero abiti disegnati su misura ma soprattutto è il tenore sempre socio politico degli stessi che ce lo fa quasi apparire una sorta  concept album. Ecco scorrere, come a riverberare il sole dietro una multicolore vetrata di chiesa, brani che vanno dal 1968 al 2013 partendo temporalmente dalla younghiana La “Signora” (The Old Laughing Lady), forse un pezzo “minore”, dal piglio quasi Mitchelliano, ripescato dall’indeciso omonimo debutto di Neil che i Rusties affrontano con cura e delicatezza attraverso le carezzevoli chitarre, la voce delicata ed espressiva del leader e  il crescendo percussivo e progressivo dei tamburi di Filippo Acquaviva, accompagnato dallo splendido violino di Jada Salem, il tutto a suggellare uno dei brani più convincenti e personali. Sullo stesso piano, per mood e sapienza interpretativa, si potrebbero porre Tienimi con te (Keep Me in Your Heart, l’ultima meravigliosa e commovente ballata scritta nel 2003 da Warren Zevon, poco prima di lasciarci) e il “masterpiece” Aria solida (non poteva che intitolarsi così Solid Air di  John Martyn), che qui mantiene il suo spirito ipnotico, le sue volute di fumo che fanno perdere l’equilibrio tanto fan girare la testa, il vero atout di questo immenso pezzo dell’insuperato Martyn. 

Ma in queste dieci canzoni c’è molto altro ad iniziare dal brano migliore del lotto per interpretazione quel Dentro la gabbia (Pacing the Cage) di Bruce Cockburn, un artista molto amato da Grompi, le cui canzoni riesce ad interpretare in modo ora confidenziale, come in questo caso, arpeggi chitarristici, violino evocativo e morbide spire di basso del maestro Fulvio Monieri, oppure ne mantiene lo spirito incendiario come in Se solo avessi un lanciarazzi (If I Had a Rocket Launcher), bellissimo il testo rabbioso di protesta contro gli orrori commessi contro i Guatemaltechi dal generale Efraín Ríos Montt (1982-83), in questo brano teso e nervoso la chitarra di Osvaldo Ardenghi sale alta. Altra scommessa vinta è la resa di Canzone logica (Logical Song dei Supertramp), non era semplice confrontarsi con uno dei brani più ascoltati per oltre tre decenni nella versione dei Supertramp ma i Rusties riescono a non essere banali, superano i rischi dell’effetto cover senza carattere personalizzando l’arrangiamento specie nelle ottime linee pianistiche di Massimo Piccinelli e con il formidabile lavoro dell’elettrica di Ardenghi che si sostituisce all’originale e mitico solo del sax di John Helliwell, prendendone degnamente il testimone. Un ultimo accenno merita la title track Powderfinger (dalla polvere al fuoco), qui la band gioca in casa (la eseguono fin dal loro esordio) e sul testo ben noto di Locasciulli / Diotallevi (De Gregori) la interpretano come sa fare la band più Younghiana che c’è la fuori. C’è posto anche per due brani di amici, si fa per dire, più recenti, Chris Eckman (Walkabouts) e Robert Fisher (Willard Grant Cospiracy) a descrizione completa di un disco che ci conferma che i Rusties sono una band importante nell’economia del rock in grado di rappresentarci oltre che misurarsi alla pari fuori dai nostri  confini. 

E’ iniziato un nuovo corso con l’italiano? Chi può dirlo, probabilmente è solo la necessità di suonare quelle canzoni amate senza che risultassero cover, oppure è la prova generale per il grande debutto in italiano, fatto sta che l’impresa è riuscita molto bene grazie a un coacervo di qualità possedute: cultura musicale e letteraria, eleganza, gusto, sobrietà e, parafrasando una canzone di Osvaldo, molto “mester dur”. Ora aspettiamo il nuovo disco di brani originali dei Rusties, un gruppo che suona a memoria, lo fa meravigliosamente bene, senza sbavature, così come si sente in Dalla polvere e dal fuoco (peraltro registrato in presa diretta) e assistere ad un loro live ti riconcilia con la buona musica.

Track List

  • Ombre all`orizzonte
  • Canzone logica
  • Le intenzioni di Harrison Hayes
  • Se solo avessi un lanciarazzi
  • Powderfinger (dalla polvere e dal fuoco)
  • Dentro la gabbia
  • Aria solida
  • La "Signora"
  • Tienimi con te

Articoli Collegati

Rusties

Dove Osano I Rapaci

Recensione di Pietro Cozzi

Rusties

Younger than neil

Recensione di Maurizio Pratelli