Roberto Ottaviano Eternal Love People
2024 - Dodicilune
gruppo di all star, che lavora insieme da ben 6 anni, con una front line di fiati composta da sax soprano e clarinetto Basso.
People fotografa la dimensione live del gruppo (uno dei brani proviene dal Torino Jazz Festival, ma tutta l’Europa è rappresentata), anche se la lucidità formale dei suoi membri sembra invece quella di un calibrato lavoro in studio. Questo può fare l’improvvisazione quando rappresenta una necessità espressiva autentica e travalica il discorso tecnico. Con Roberto Ottaviano il jazz torna a incarnare quello spirito di “musica totale” che oggi sembra perduto.
Il disco si apre con un canto dolente, At The Wheel Well, che procedendo si gonfia, si trasforma in marcia, tocca l’apice, per poi spegnersi. Il
secondo brano, Mong’s Speakin’, è una dedica firmata all’unisono dai due fiati a Mongezi Feza, il trombettista sudafricano morto giovanissimo. Durante il solo il soprano di Ottaviano saltella gioioso, ben sostenuto dalle figure ritmiche del pianoforte di Alexander Hawkins. Qui ovviamente il gruppo ha in mente non solo il musicista, ma anche tutto un genere musicale, omaggiato con sincerità. In Hariprasad, su un tema di Ottaviano, brilla invece l’inventiva di Marco Colonna, un solista che si tiene lontano dai cliché e si esprime con una originalità impressionante.
Tra New Orleans e una certa giovialità circense nordeuropea si muove l’omaggio a Misha Mengelberg, del quale viene ripreso il brano Gare Guillemans. Il jazz del canone gira a mille in Ohnedaruth, dove tutto parla di John Coltrane, nel titolo, nello stile del tema, scarno e rapido, nel mood spirituale, nei soli, a partire dal soprano subito in combustione e cantillazione di frammenti del verbo coltraniano, nel lavoro di tutti gli altri con un Marco Colonna che mi ha ricordato, ovviamente su un strumento diverso, gli sfoghi sonori che Pharoah Sanders produceva nelle sue esibizioni giovanili a fianco del “Treno Maestro”. Particolare la costruzione del pezzo dove i ritmi ci propongono due momenti riflessivi prima di scatenare il diluvio: apre una introduzione libera del batterista Zeno De Rossi e chiude il solo contrabbasso di Giovanni Majer.
Lavoro vario, passionale, ma rigoroso; quintetto da vedere dal vivo, se il risultato su disco è questo!