Randy Brecker & Ada Rovatti Sacred Bond-Brecker Plays Rovatti
2019 - Jazzline / IRD
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Una pacata atmosfera ottimista e positiva connota un'ora e un quarto di sonorità levigate e tinte pastello, secondo le coordinate di uno stile che sembra aver esaurito già da tempo la sua vitalità. L'aspetto più interessante, e che merita sicuramente maggior attenzione, è la scrittura dei brani: i temi dei diversi pezzi, pur conservando una certa orecchiabilità di fondo, si rivelano articolati, ben costruiti e ricchi di passaggi. Il fraseggio pulito e impeccabile di Randy Brecker conserva sotto traccia i riferimenti all'hard bop da cui è partita la sua carriera alla fine degli anni Sessanta (Art Blakey, Horace Silver), mentre il sax tenore di Rovatti mostra grande versatilità e qualche asprezza in più. Il contorno ritmico, insieme alle tastiere di David Kikoski e Jim Beard, è il valore aggiunto del disco, increspando i pezzi con le sotterranee pulsazioni del basso acustico ed elettrico (Alexander Claffy) e i colori delle percussioni (Café Da Silva).
Proprio i ritmi brasiliani, su cui galleggia la languida tromba di Brecker, catturano l'attenzione in The Other Side Of The Coin, forse il pezzo più interessante del lotto, che Claffy impreziosisce con un assolo di basso elettrico. In Helping Hands ci si muove sempre in territorio latino, con un interessante sviluppo finale giocato sugli scambi fra tromba e sax. Lo stesso lavoro di coppia caratterizza un'intera sezione di Britches Blue, traccia ricca di scoperti richiami al capolavoro di Davis, che si leggono facilmente nelle note delle chitarra di Adam Rogers, nell'inconfondibile suono liquido delle tastiere e nell'atmosfera generale del brano, meno risolta e più misteriosa. L'altro grande omaggio è ad Aretha Franklin, con cui sia Randy che Ada hanno avuto la fortuna di registrare e suonare dal vivo: Reverence prova a trasmettere la scintillante grandeur di certi arrangiamenti soul-blues e il lavoro della chitarra amplia con efficacia lo spettro delle emozioni.
Non c'è davvero nulla di riprovevole in questo Sacred Bond, e tutte le tracce si mantengono su un livello che sta tra la piacevolezza e l'eleganza. Quello che davvero manca è il colpo a sorpresa, la voglia di cercare qualcosa di diverso, il tentativo di andare oltre il pur apprezzabile mestiere. E in una discografia sempre più inflazionata, anche se sempre più povera di risorse e di ritorni economici, in un classico paradosso dei tempi in cui viviamo, questo rischia di fare la differenza.