Pinguini Tattici Nucleari Fake News
2022 - Columbia / Sony Music
Così, quando la scorsa estate si diffuse la notizia, anzi, la Fake news, che Riccardo Zanotti, frontman, voce e autore del gruppo, avrebbe intrapreso la carriera solista, ecco che i sei hanno colto l'opportunità di intitolare proprio così il loro nuovo disco, che conta, fra le tredici tracce (più Forse, ghost track solo in forma fisica, in vinile e CD), due singoli estivi di grande successo.
Ma i Pinguini (oltre a Zanotti, ci sono Elio Biffi (tastiere), Nicola Buttafuoco (chitarra), Matteo Locati (batteria), Simone Pagani (basso) e Lorenzo Pasini (chitarra) non possono, né vogliono, essere solo un gruppo pop mainstream, basato su melodie orecchiabili, testi essenziali e memorizzabili, arrangiamenti plastificati, studiati a tavolino; la loro storia viene da una terra caparbia, lavoratrice, indomita, che non si arrende davanti alle sconfitte, e le loro storie raccontano proprio questo. Dei primi dischi, quelli che hanno loro permesso di ritagliarsi un posto di tutto rispetto nel mondo indie degli anni Dieci, restano i protagonisti: losers solo apparenti, ma dalle spalle larghe, che pensano ancora che "si vive solo di momenti / E che qualsiasi cosa passa se stringiamo i denti" (come cantano, quasi in coro, in Dentista Croazia, talmente sincera e autobiografica da fungere da contraltare al titolo del disco: si potrebbe definire una Real News).
Zanotti sa scrivere, è indubbio: sparsi nelle varie tracce si trovano non solo calembour usa e getta, ma riferimenti a letture profonde, che emergono dalle infinite citazioni, inserite in suoni solo apparentemente facili, che stuzzicano la curiosità di chi voglia andare oltre le apparenze (un esempio? L'hit estiva Giovani Wannabe, che contiene un verso come "Figli dei fiori del male, guerre lontane, noi / Sopravvissuti anche alla fine della storia"; un altro? Hikikomori, che, sotto l'aspetto di una ballata romantica, rievoca però il lockdown, particolarmente doloroso nella Bergamasca: "Ma spero che Barbero parlerà di noi / I camion militari in centro / Che passan sulla nostra strada/ Quella del primo appuntamento / E dell'ultima litigata").
Così, fra insicurezze generazionali "che si mischiano bene alle tue", voglia di ascoltare John Cage, la musica Fragile come un golpe in Sudamerica (Forse, la ghost track, forse quella più indie del disco) e un "tu" che sarebbe troppo semplicistico riferire a un amore femminile (Fede non è quindi tanto una Federica, ma proprio la fiducia, che non è fedeltà), i Pinguini suonano sul serio, a ricordarci che loro sono musicisti veri, che non utilizzeranno mai basi preregistrate negli ormai imminenti concerti negli stadi (sold out a San Siro e all'Olimpico in poche ore!), che resteranno uniti e semplici, ma non semplicistici, pronti a raccontare le storie profonde in una forma lieve. E se questo è pop, ben venga: del resto, "A ventisette puoi morire / Oppure diventare un po' più pop"; l'importante è avere tanto, tanto cuore. E loro ne hanno, tanto.