Phil Woods Songs Two
2015 - Philology / IRD
#Phil Woods#Jazz Blues Black#Jazz #bebop #Jazz #Phil Woods #Vic Yuris #Tony Marino
Proprio ad inizio Settembre di quest'anno, quasi a chiusura del cerchio, Phil Woods ha partecipato ad un tributo dedicato a Charlie “Bird” Parker ma purtroppo, il 29 dello stesso mese, questo grande sassofonista jazz se n'è andato all'età di ottanta quattro anni per complicazioni dovute ad un enfisema.
Appena un mese dopo è uscito Songs Two, l'ultimo progetto in trio con il pregevole chitarrista jazz del New Jersey Vic Yuris (ancora presente nei sondaggi sui migliori chitarristi jazz attuali) e il contrabbassista Tony Marino (spesso alla corte di David Liebman); un disco che riassume in modo sentito e divertito le coordinate di una lunghissima carriera musicale e quindi che ha, nel suo epilogo, i tratti del testamento artistico. Ascoltando le tracce del disco stupisce ancora l'effervescente brillantezza del sax di Woods, la chitarra di Yuris sembra non voler mai prendere la scena ma ne diventa parte rilevante proprio per questo, per le capacità di integrazione e di una tenue, aggraziata improvvisazione mai sopra le righe. Nonostante gli anni la godibilità e la formalità bop sembra non aver lasciato nulla per strada, anzi stupisce la freschezza di una musicalità che sembra rimasta ibernata, “vero jazz” per puristi imbiancati che ancora oggi non lo baratterebbero con nient'altro al mondo.
In questo senso pezzi standard come l'iniziale bop I've Got Your Number, i delicati sapori farciti di bossa che permeano Lost April, la splendida cadenza blues di Black Coffee (forse la vetta espressiva del trio) o il fresco romanticismo di I Remember You parlano la stessa ispirata lingua sulle orme di un jazz riconoscibile e senza tempo.
Di contro si rimane un po' perplessi davanti alla tenerezza nostalgica di Humpty Dumpty Heart, unico pezzo cantato dove una voce spezzata e stanca sembra far scorrere i tanti anni vissuti in ogni fragile vibrazione vocale.
Il degno congedo bebop di questo Songs Two conferma, se ce ne fosse bisogno, le risapute qualità tecniche, interpretative e l'anima nobile, inesauribile di un Phil Woods sempre fedele ad un percorso musicale consumato e ammirato per quella soffice variopinta leggerezza jazz che purtroppo, adesso, solo noi abbiamo il privilegio di far vivere ancora.