PCM Dreamland
2023 - n5MD
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A posare la prima pietra, quale proemio del lancio, R.E.M. Phase, serpeggiante abisso arroccato nella coltre di pads, languidi pattern di galassie lontane, anamorfico effetto alle astrali teorie griffate Lightwave e alla presa d’assalto al portale di Iasos (quello interdimensionale). E si vola già altissimo.
Così come quando, non ancora al collasso né in catalessi, più nel barlume di veglia, voci increspate arredano un cosmo di atomi in rogo, e i loops di Basinski son presto serviti (Unsleep).
Di spirale in spirale filano via, salvo poi infrangersi in brezze magnetiche e orde di droni (a trastullare il pitch bend), e nell’assurdo teatro di bordate stordenti come a esortare alle danze Morfeo (Dreamland).
È percepibile a tratti la liturgia immaginifica dei Labradford di Prazision LP, ma anche l’astruso tape loop ad uso e consumo di OZmotic/Fennesz, Craven Faults, Robert Hampson e Taylor Deupree.
L’occasione è propizia per movenze in un crescendo ovattato, a risalire correnti analogiche e impulsi mai domi, in un climax di ipnosi e tensione, fino all’univoco epilogo che dissolve il galoppo in acquiescente abbandono (Astral Walk, Crystal Hypgnosis e quella Moonlight Sequence di impostazione synth-pop e inviluppo spaziale).
La versatilità del progetto, sempre aderente al torpore in capo al concept, è anche esposta a intemperie suspense, fra gelidi echi, sibili e slide a sei corde agitati nel grembo di selve disperse (Awakened), scientemente aggravate da campane distorte e rintocchi orrorifici, puntuali sentenze a scandire un incubo truce (Nightmare Alley).
Fuori dal corpo, in quel sonno di fase ipnagogica, filtra il Vangelis più edenico e liquido, fredda rugiada su magmi setosi (Coma).
Ogni stato del sonno, sia quello ancestrale o nel pieno torpore, è vivo, pulsante. Memoria visiva a compimento dell’atto e simulacro di noise sound machine, il circolare passaggio del tempo che a fuoco lento arde anche i sogni più cupi.