Songs from the past and the Holy Spirit<small></small>
Jazz Blues Black • Impro • Post Coltrane

Paolo Peruzzi Songs from the past and the Holy Spirit

2023 - Autoprodotto

18/12/2024 di Vittorio Formenti

#Paolo Peruzzi#Jazz Blues Black#Impro

Il titolo di questo lavoro, Songs from the past and the Holy Spirit, richiama echi della tradizione avanguardistica alla Coltrane o Ayler, e già di per sé è molto. Ancor più ragguardevole è poi la correzione di questa impressione che l’ascolto dei brani produce, non tanto come smentita, ma come affermazione di una propria personalità, in perfetto equilibrio tra eredità e sensibilità moderna, dando vita a episodi del tutto originali. 

Paolo Peruzzi (vibrafono, percussioni e sintetizzatore), Fall Raye (sassofoni), Ethan Klotz (sassofoni), Ebba Dankel (piano, Fender Rhodes), Nick Isherwood (basso) e Nitzan Birnbaum (batteria) formano un combo di apertura internazionale, confermata dalla registrazione avvenuta nel Massachusetts sotto l’ombrello dell’autoproduzione.

Ci sono tutti gli ingredienti per un risultato lontano da qualsiasi confine che non sia legato alla sensibilità degli artisti e alla ricchezza di stimoli che le loro differenti origini facilitano. A questo si aggiunga il fatto che i musicisti, tutti appartenenti alle nuove leve della musica improvvisata, hanno maturato grazie alla comune frequentazione del prestigioso Berklee College.
Il disco è un esordio che, unito alla giovane età dei protagonisti, potrebbe far pensare a un’opera non conclusa, con potenzialità ma ancora limitata nelle prestazioni. La realtà è invece opposta; i brani, tutti composti da Peruzzi, manifestano una maturità legata alla profondità con la quale una certa eredità è stata assimilata.

È vero che a tratti si ha l’impressione che non sempre si sia osato fino in fondo, ma quel che è certo è che le sinergie superano di gran lunga le citazioni.
Lavoro a forte traino ritmico, che risulta per questo coinvolgente e immediato, specie perché questo aspetto è legato a una certa eredità afroamericana la cui tribalità è però fusa con un retroterra accademico, complementando la spiritualità con una dimensione intellettuale.

Freiburg, wrong place? – to be è il miglior esempio di questo paradigma, col suo inizio soffuso e riflessivo sottolineato dal vibrafono e reso poi intenso dalle ance. Si ha una chiara attenzione verso il suono inteso come spontanea ricerca della comunicazione; a questa è funzionale anche l’improvvisazione, logica e non selvaggia, figlia del patrimonio di studi e non solo del talento dei musicisti.
Stessa menzione può essere fatta per [[[EON]]], in cui vibrafono e batteria operano sul walking deciso del basso (elemento di chiara derivazione bop) aprendo poi all’intervento del sax soprano, ingrediente sempre efficace nel trasmettere quel senso di spiritualità / terrenità tipico dell’era coltraniana e successiva. Splendida è anche la parte del piano, vigorosa e in qualche modo più astratta.

Rispetto alla media della produzione nazionale questo lavoro si allontana da un approccio cameristico per favorire un risultato dinamico, aperto a molti riferimenti, con slanci e intrecci che restano corali e organici. Si ascolta un gruppo, non una sequenza di solisti, beneficiando di un’intesa del tutto ragguardevole, specie se si pensa alla giovane età degli interpreti che non soffrono in alcun modo di inesperienza ma, al contrario, giocano molto bene la loro risorsa di freschezza.

Se il buongiorno si vede dal mattino, certamente le ore che seguiranno saranno luminose. Da playlist di fine anno.

Track List

  • Into the labyrinth
  • [[[EON]]]
  • Smoke after
  • Freiburg, wrong place? &ndash; to be
  • Egleston Square
  • Those muffled earlybrights (snow)
  • Darkroom, Terra
  • My story in a slow tempo