Paolo Marrone e Massimo Germini E invece non finisce mai...
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La lezione sull’amore che il Professore più famoso d’Italia ci ha trasmesso nelle sue canzoni è il tema portante del progetto. Marrone, cantautore e voce dei Favonio, racconta a tal proposito: “Vecchioni è maestro nell'affrontare questo sentimento. La sua poetica ha una caratteristica che mi ha sempre colpito, la capacità di raccontare l'istante e quelle sensazioni così difficili da 'fermare'”. Per poi aggiungere, a proposito del chitarrista con cui affrontare questo viaggio: “Quando ho pensato alla possibilità di realizzare un disco, ho contattato subito Massimo Germini, che da tanti anni accompagna Vecchioni con la sua chitarra. Questo progetto non lo avrei fatto con nessun altro, Massimo è stato il compagno ideale ed emozionale di questi brani". Le ballate incluse nella raccolta racchiudono il periodo dal 1971 al 2004.
Il primo pezzo è Il cielo capovolto (Ultimo canto di Saffo). Fa immergere subito in quelle che saranno le atmosfere complessive. La voce di Marrone non ha la potenza di quella di Vecchioni ma ha dalla sua una delicata malinconia che ben lega con delle trame di sola chitarra. Struggente è Mi manchi, con immagini dal sapore antico della perdita, del non trattenere, struggente soprattutto se si vede il video surreale e quasi metafisico curato dal regista Paolo Boriani, che racconta al riguardo: “Mi manchi è anche un film sulle cose che non riusciamo mai a tenere con noi.Questa è la società delle "non cose". Dove non riusciamo neanche a sederci su una sedia a guardare una nuvola. Figurarsi a scegliere un'immagine e a conservarla per sempre con noi.Siamo circondati da immagini che non sono più immagini, o da immagini fallite, immagini che non resteranno più nello spazio e nel tempo. Perciò Mi manchi è costruito attorno a un'unica immagine. Volevo che lo spettatore si sedesse su una sedia e guardasse un'immagine, una, che la toccasse con le dita come un oggetto di design, e che la conservasse nel tempo".
Fugge ciò che vorremmo tenere, forse rimangono solo i sogni. Sogna, ragazzo, sogna, che “passa la bellezza” (Bellezza), in una Venezia da Thomas Mann.
E invece non finisce mai gioca tutta su arpeggi cesellati. Intarsi che ritornano anche in Viola d'inverno, alla quale partecipa anche Mauro Pagani (che curò gli arrangiamenti de Il lanciatore di coltelli, il disco da cui è tratto il brano). Dentro gli occhi riesce a cullare come una ninna nanna il bambino che si era e a parlare di un futuro migliore a coloro che saranno bambini un domani e a coloro che ci si sentono almeno un po’.
La chiusura non può che essere affidata Luci a San Siro. E ci si immagina il passeggiare di un uomo un po’ qualunque un po’ speciale, magari proprio quello dal volto segnato dal tempo immortalato da Renzo Chiesa nella copertina. Sono scatti di una ventina d’anni fa, di persone comuni, di “questa gente che cosa fa”, che vivono le città coi loro pensieri, amano, soffrono, gioiscono.
Paolo Marrone e Massimo Germini ci regalano una splendida selezione dal repertorio di Roberto Vecchioni, con versioni realizzate con rispetto e dedizione ma al contempo personalità.