Notevole balzo in avanti rispetto al precedente lavoro Hypno Queue: gli errori fatti nel passato corretti adesso risultano veri e propri punti di forza, le lacune colmate sotto le stratificazioni musicali, la ricerca e la crescita artistica e anagrafica, si sente. Ancora forti i legami con il passato e con le influenze che furono linfa vitale anche per lo scorso album: a tratti si scorgono non troppo nascosti dall’impronta degli Ophiuco i vecchi Portishead ed il loro lento incedere, come ad esempio in Stress is a killer.
Approdiamo su Hybrid grazie a Desert, brano dalla doppia faccia, se nella parte iniziale appare languido e avvolgente nella seconda parte si affida alle trame spigolose della wave. La voce femminile lascia posto a quella maschile in Trip, un vero e proprio viaggio confuso e delirante che si poggia su immagini che scorrono velocemente; tra elettronica e drum’n’bass Pneumatic Psyco Bodhidharma, tesse invece trame sospese Ground, una sorta di esperienza onirica e scevra ed asettica.
Riecheggia la psichedelia dei Pink Floyd in Scrowls of Intentiones che si contrappone alla limpida fragilità di Transitional eyes, per poi chiudere con Game machine, intrappolata tra il noise e l'elettronica, traccia che vede la presenza dello stesso produttore Paolo Messere alla chitarra. La coerenza stilistica è la nota che contraddistingue questa band; peccato che a tratti pare mancare di quel quid e quel carattere decisivo che permetterebbe alla band di figurare tra i grandi del panorama elettronico italiano; detto ciò Hybrid resta un ritorno di tutto rispetto.