Niton 11
2024 - Shameless Records/Pulver und Asche Records
#Niton#Elettronica#Minimal #abstract #elettroacustica ##field recordings #post-minimalism
Il titolo della nuova opera, 11, allude agli undici artisti internazionali ospitati (e non al numero di tracce che la compongono, qui rintracciabili in dieci, come sovente danno ad intendersi alcune uscite discografiche) in ciò che risulta essere un affascinante anello di congiunzione tra avanguardia e musica concreta.
Di intuizioni del mix in questione è zeppo l'album, mai però confinate nel limbo di vacua sperimentazione, e anzi a tratti guarnite ad hoc di uno spoken word sussurrato in stato ipnotico (Noi, 11 February 1901, A Letter From Niton), lesto ad alzare il velo sonico à la Michel Banabila (con sovrapposizioni in reverso a danzare sullo sfondo).
Un certo astrattismo elettroacustico (riconducibile al milieu dei Denseland) pervade il trittico di pezzi Spin Orbit Interaction / Lampo / I Was Dying, collocati in successione e al servizio di rumorismi, field recordings e tessiture di musica concreta, con il terzo del blocco a risultare forse il più attraente, per l'irresistibile fascino minimale di squarci percussivi torpidamente rapsodici.
L’esperimento, riproposto più avanti al servizio di una stravagante effettistica post-minimalista (Antiopes Kraftfeldin), ne scatenerà poi uno spartito imprevedibilmente quartomondista (trasformato in ritualistiche schegge di avanguardia world) nel pezzo corale di chiusura (Les Larmes Vont Couler), anche nel groove sommerso da eversive distorsioni ambientali di Everything Everywhere.
Resa complessiva ancor più deviata per mano dell'ingresso a gamba tesa di fiati sintetici modulati da Andy dei Bluvertigo (Ambieterni), sull’onda di iperboli espressive stile Colin Stetson, compatibili anche con l'eclettico classicismo di Sarah Neufeld (che ben figurerebbe pure in Huella Infinita), a dimostrazione di un disco in fertile e spigliata evoluzione.