Neil Young Prairie wind
2005 - Reprise
Anche se da più parti si è letta la tesi secondo la quale con questo album si concluderebbe un trittico iniziato con “Harvest” nel 1972 e proseguito venti anni più tardi con “Harvest Moon”, pur riconoscendone un filo conduttore comune, continuo a pensare che Harvest sia il padre ed il resto solo dei figli devoti. Chissà, forse fra una decina d’anni, pregando che dio lo conservi in salute, Neil Young ci regalerà un altro capolavoro.
Per ora mi sembra più giusto parlare di questo disco per quel che è, evitandogli scomodi paragoni. Magari partendo dalle emozioni che ancora trasmettono le canzoni di questo immenso cantautore, del quale tutto potremmo dire, ma non che non abbia tentato via alternative, anche scomode e contestabili, nella sua inimitabile carriera. Anima e passione sgorgano ancora con imbarazzante naturalezza, lasciando intatto il fascino che da sempre emana gran parte della sua musica.
Tutto ciò diventa ancora più evidente osservando, quasi fossero carpite di nascosto, le immagine del dvd allegato all´edizione speciale, che consiglio vivamente come compendio fondamentale all´opera. Non sfuggirà così nulla, nessun leggero soffio musicale che ogni brano contiene.
Come nel classico senza tempo "No Wonder", così ricco di sfumature: dai tocchi leggeri di Hammond, ai cori stratificati, fino alla pedal- steel del grande Ben Keith, che già inizia a regalare magie. E poi Neil Young, con la sua voce unica, con la sua chitarra perfettamente scordata, che insieme rendono anche questa canzone inconfondibile, indispensabile.
L´intensità emotiva sale ancora nella successiva "Falling Off The Face Of The Earth". In questo passaggio falsetto e pedal si intrecciano a meraviglia per regalare uno degli episodi più coinvolgenti del disco. Armonica e fiati giocano poi insieme nella spensierata "Far From Home", prima che le mani di Young si appoggino ancora leggere sul piano, mentre il suo canto viene trasportato dall´incanto angelico degli archi: "It´s A Dream", un titolo che dice tutto.
Non si può non pensare al fatto che buona parte di queste canzoni siano state scritte in un momento tragico. Come saprete, Young è stato recentemente colpito da una grave forma di aneurisma e una grave ricaduta l´ha nuovamente allontanato da Nashville, dove stava registrando. "He Was The King", il brano dedicato ad Elvis - nato proprio successivamente al secondo ricovero a New York - è un sogno raccontato con ritrovata energia musicale, con un nuovo sorriso per la vita.
La chiusura gospel è quasi indispensabile, una sorta di ringraziamento, profondo e sincero come la musica di Nei Young. Ma Neil non è un ragazzo religioso, è un pagano. La sua chiesa è una foresta, è una spiaggia o una prateria. Il suo dio è il vento che lo accarezza ancora.