Michele Gazich Federico Sirianni Domani si vive e si muore
2023 - Nota Editrice
#Michele Gazich Federico Sirianni #Italiana#Canzone d`autore
C'è un violinista, che è anche cantautore. Si chiama Michele Gazich.
C'è uno scrittore, ricercatore e animatore culturale, Giovanni Straniero, che da anni ricerca le parole e le storie di suo zio, Michele Straniero, etnomusicologo, saggista, poeta, uno degli ideatori dei Cantacronache, il collettivo torinese che, attorno alla fine degli anni Cinquanta, pose le basi per la rinascita della canzone popolare, colta nelle sue varie declinazioni.
C'era Umberto Eco, che diceva: "Senza Cantacronache e senza Michele L. Straniero (1936-2000) la storia della musica italiana sarebbe stata diversa."
E c'era una pila di appunti, di poesie, di lettere, di pagine di diario, raccolta da Giovanni Straniero, e consegnata a Gazich e Sirianni, perché la facessero diventare musica, testo, canzone, disco, suoni, emozioni.
Tutto attorno, e anche dentro, c'è Torino, c'è Milano, c'è la loro storia novecentesca, fatta di trasformazioni, anzi, di "mutazioni antropologiche", come scrisse Pier Paolo Pasolini, di inurbazione selvaggia, che rischiava di cancellare la traccia plurisecolare di una cultura popolare e contadina.
Infine, c'è questo 2023, che ha visto Gazich, Sirianni e Straniero collaborare proficuamente, per donare forma di canzone alle parole di quella pila di appunti e poesie, testimonianza di una vita spesa tutta in direzione ostinata e contratia.
Nasce finalmente Domani si vive e si muore, un pugno di brani che sarebbe riduttivo chiamare canzoni. Piuttosto, cantacronache di un'anima profonda e inquieta, che restituiscono lo spessore dell'inesausta ricerca della verità nascosta dentro alla realtà. Il violino di Gazich e il pianoforte di Sirianni sembrano costituire la cornice strutturale in cui si incastonano le composizioni, mentre le loro voci si alternano e si intrecciano, a costruire un dialogo intenso e uniforme, pur nelle loro diverse tonalità.
Le precise parole di Straniero attraversano i decenni e si incidono nella nostra memoria, a volte con l'icasticità polemica di chi aspetta ancora - e sempre - un riscatto sociale (Da un cielo umano, stupefacente per la sua contemporaneità, con versi come "aspetto che l’oppresso si ribelli E l’oppressore termini le munizioni E aspetto che il vero buon cristiano si getti nella mischia Prima di pregare E che tutte le armi, anche quelle dei bambini Facciano cilecca", ulteriormente arricchita dalla voce lirica e vibrante di Giovanna Marini), altre volte con la dolcezza inquieta, quasi montaliana, di chi sa guardarsi dentro con sincerità in L'altro, con un'indimenticabile linea di viola di Gazich, mentre Giovanna Famulari fa miracoli col violoncello e la voce in Danzacronaca , altre ancora con i colori scuri, alla Nick Cave, di visioni oniriche (Il corridoio del Nautilus, con i versi - visioni a occupare un posto di primo piano).
Ma sarebbe prolisso elencare ogni preziosa traccia, di questo disco - percorso, poliedrico, ma compatto, teso a riportare al centro l'amore, per la cultura, la storia, l'umanità, e quanto può dare voce a esso. È L'amore è sempre il punto, infatti, il cuore pulsante del disco, non a caso seguita da una Danzacronaca (tutt'altro che) macabra, che ricorda, con affetto, i compagni di strada di Straniero che ora sono con lui nel non-spazio-senza-tempo, da Eco a Calvino, da De André a Gaber, da Dolci a quel Franco Lucà, anima del Folk Club, mentre il violino di Gazich sembra condurre la danza. In questo caso, però, il violino non è lo strumento del diavolo, bensì filo rosso che ricama una storia, quella di Straniero, legandola alle altre storie, quelle cantate da lui, e alla Storia, quella che rischia di essere spazzata via dall'effimera velocità di quest'epoca liquida.
A marcare un'ulteriore distanza dalla logica commerciale di certe operazioni sono altri aspetti, quali l'intervento di artisti - amici, che non hanno bisogno di presentazioni (Fausto Amodei, Gualtiero Bertelli, Maurizio Bettelli, Andrea Del Favero, Giovanna Famulari, Alessio Lega, Paolo Lucà, Giovanna Marini, Giangilberto Monti, Moni Ovadia), ognuno dei quali dona il proprio originale apporto al progetto; la raffinatezza di arrangiamenti e suoni, prevalentemente acustici (la meraviglia dell'organetto di Andrea Del Favero e dell'armonica di Maurizio Bettelli), seguiti da Marco “Tibu” Lamberti, che suona anche chitarra, banjo e basso elettrico, e registrati presso lo storico studio Transeuropa Recording di Torino da Fabrizio “Cit” Chiapello; infine, l'attenzione riservata alla confezione del libretto e del disco (curata da Nota Editrice di Valter Colle, con la copertina di Renzo Chiesa, e coi testi introduttivi di Fausto Pellegrini, Giovanni Straniero, Michele Gazich, Federico Sirianni). Un impegno notevole, che testimonia l'affetto e la riconoscenza di tutto il gruppo nei confronti di chi ha saputo spargere semi di creatività compositiva a cui tutte le generazioni di cantautori seguenti devono molto.
In attesa di ascoltare i due artisti dal vivo (la presentazione del disco a Torino, il 29 settembre, al Polo del '900, Palazzo San Daniele, Sala'900, e sabato 30 settembre, ore 18, Stand Bike Cafédi Borgarello, PV), lasciamoci scaldare, in questo inizio di autunno, dalle cantacronache di un poeta vero.