Matthew Shipp Art of the improviser
2011 - Thirsty ear
Partiamo dal disco in trio, col nuovo bassista Michael Bisio (amante delle tinte spagnoleggianti, echeggia Jimmy Garrison sebbene il suo groove sia più sottile e più attento a produrre spazio tra un armonico e l´altro) e il fido Whit Dickey. Rispetto ai lavori in solo immediatamente precedenti, come Harmonic Disorder (Thirsty Ear, 2009), la musica del trio è maggiormente impostata a una immediata e lirica, seppur obliqua, cantabilità (laddove il discorso musicale dei lavori precedenti era teso a differenziare le soluzioni armoniche ricercando una maggior frammentazione del discorso melodico, alla ricerca di una tensione costante eppure ´sottile´) pur non mancando com´è ovvio ristrutturazioni in chiave dissonante (lo si sente soprattutto in una bella versione della ellingtoniana Take the A train), ma quel che si nota è soprattutto l´attenzione alla stratificazione, che si tratti di coniugare i diversi registri del pianoforte stesso, o dei tre strumenti insieme. Niente pause tra un brano e l´altro, spesso legati assieme da momenti di assolo di uno dei musicisti. Virgin complex, con l´intrecciarsi di piano e contrabbasso archettato, chiude con una meditazione pensosa e attenta questo primo set, le spazzole a disegnare sfumature piuttosto che a tracciare ritmiche percise, come da sempre avviene con la musica di Shipp.
Il secondo disco parte con la composizone che intitola il precedente 4D (Thirsty Ear, 2010), e subito assistiamo a cambi di registro e di timbro importanti. Shipp è qui totalmente responsabile dell´equilibro della resa sonora delle composizioni, si sposta sui registri medio alti creando un´atmosfera più intima e si occupa di creare trame ritmiche più fratturate, sostituendo alle sovrapposizioni di colori differenti una spazializzazione del suono più introversa, che intreccia suono, risonanze e silenzio, e il gesto rapido (quasi che le cascate di note spesso prendessero forma da una gittata di pennello) alle pause, impreziosendo le melodie di abrasioni con figure rapide e iterative, spostando ma mantenendo costantemente in equilibrio il baricentro ritmico, la pulsazione.