Martino / Goglia / Iodice Soul Eyes
2014 - Abeat Records / IRD
Suonato di getto e catturato in una sessione che supera di poco le ventiquattro ore sulla 'spinta' del pianista Francesco D'Errico, qui in veste di produttore, l'album non accoglie in sé né pianoforte né chitarra. Sarebbe la bugia più grossa del mondo dire che la mancanza di strumenti armonici d'accompagnamento passi inosservata, ma sarebbe una bugia ancora più grande affermare che questo comprometta la qualità del disco o che ne renda meno piacevole l'ascolto.
Gianluigi Goglia, a dir poco ottimo bassista, supplisce in maniera eccelsa a tali 'mancanze' strumentali, armonizzando con tecnica e gusto e creando corpose tessiture di supporto al misuratissimo sax di Giulio Martino (vedi il trascinante dialogo all'unisono di Four Bayles).
Valore aggiunto, inoltre, la fantasia ritmica di Pietro Iodice, mai scontata né prevedibile, che alla stessa stregua del 'fratello basso' straripa abbattendo i convenzionali schemi di ruolo. Basti ascoltare il drumming che racchiude It Don't Mean A Thing, storico brano di Duke Ellington.
Fondamentale, dunque, l'apporto della sezione ritmica alla scorrevolezza del disco, che si schiude in maniera del tutto naturale, appassionata ed appassionante. Brani della più disparata natura, dalla pastoriusana Wine and Smoke in the Brain al cool jazz della delicatissima ballad Song For Ida, appaiono in Soul Eyes amalgamati tra loro da un linguaggio comune e ben identificabile, non solo dolce frutto dell'affiatamento dovuto agli anni di condivisione reciproca, ma anche e soprattutto dello spessore dei tre jazzisti nostrani, da sempre aperti alle più svariate (e prestigiose) collaborazioni.