Mark Lotz & Islak Kopek Istanbul Improv Sessions May 4th
2011 - Evil Rabbit Records
Il motivo è molto semplice. Sembra che questi ‘ragazzi’ abbiano riportato tutto quanto in questi ultimi trent’anni era stato separato, a livello di percezione (musica orchestrale, jazz, contemporanea, elettronica) nello stesso calderone da cui, almeno qui in Europa, tutto era stato ributtato suii palchi dei piccoli clubs e nei collettivi intestati a nomi come Derek Bailey, Keith Rowe o John Russell, prima di separarsi, specializzarsi, individualizzarsi e raggiungere le consolidate posizioni attuali. Date dunque un (ri)ascolto alla compilation pubblicata nel 2004 dal MIT e curata da David Toop “Not Necessarily English Music”, aggiungete tutto quanto vi è stato omesso per ‘imperscrutabili’ motivi (leggi RIO, Henry Cow, Robert Wyatt con e senza Soft Machine), e avrete una buona idea di cosa (potreste) aspettarvi dall’ascolto di dischi con dentro gente come Umut Caglar o Korhan Erel.
Musica freschissima, al di là di ogni barriera, tra elettronica, elettrica e acustica, tra composto e improvvisato, tra classico e avanguardia. Provate ad esempio a mettere nel lettore questo disco prodotto dalla Evil Rabbit Records, e contenente 15 brani registrati il 4 maggio del 2010 a Istanbul in una session svoltasi tra il multistrumentista Mark Alban Lotz e gli Islak Kopek. Il primo è un musicista cresciuto tra Uganda e Thailandia e avviato allo studio del flauto classico e contemporaneo alla School of Arts di Amsterdam in età adolescenziale, e già attivo collaboratore di nomi come Chris Potter, Walter Wierbos, Michael Moore, Ernst Reijseger e Han Bennik, ma che ha alle spalle anche una nutrita serie di interazioni con in più importanti e riconosciuti maestri delle musiche etniche e folkloriche di ogni tipo, dall’Armenia allo Zambia passando attraverso Cuba e gli Yoruba.
Gli Islak Kopek invece sono stati il primo gruppo di improvvisazione sperimentale a calcare, dal 2005, i palchi dei clubs di Istanbul, prima di arrivare, l’anno successivo, all’Akbank Jazz Festival. Chitarra (Sevket Akinci), violoncello (Kevin W. Davis), due sax tenori (Robert Reigle e Volkan Terzioglu), laptot e strumentazione elettronica assortita (Korhan Erel, anima e mente del gruppo) e l’ospite Lotz interagiscono in varie combinazioni - i duetti elettronica/sax o flauto di Mouthtrap, Throat, Mouthstrap e Diamond, quelli tra strumenti a fiato di Scared e Sacred, il trio di Stop, i brani in ensemble Mouths, Us, Short, Mouthwater – mostrando una vena compositiva sfaccettata capace di mostrarsi ricettacolo, sintesi e nuova partenza di tutto quanto è stato prodotto negli ultimi trent’anni in Europa e non solo. Respirazioni circolari, microtonalità, stratificazioni sonore, silenzi, slanci, arpeggi, bordoni, intricate linee strumentali e melodie, tutto pare riacquistare una nuova vitalità e una attualità che, se non persa, rischiava comunque di cristallizzarsi in formule definitive e acquisite.