![Happy Hour<small></small>](/foto/musica/recensioni/big/7281-mark-brown-happy-hour-20250104161928.jpg)
Mark Brown Happy Hour
2024 - Autoprodotto
pubblico, nonostante la loro produzione sia di livello pari, se non talvolta superiore, a quella di
nomi più blasonati e appoggiati da una distribuzione di livello mondiale.
Mark Brown rientra tra questa schiera di musicisti, che hanno un fedele pubblico, limitato
a un ambito locale, guadagnato tramite centinaia di concerti e un continuo passaparola tra gli
appassionati. Happy Hour è il terzo disco edito dal non più giovanissimo cantautore statunitense, che si muove tra il North Carolina e lo stato di New York.
Apparentemente potrebbe sembrare un classico disco di Americana, un po’ country e un po’
rockeggiante. In alcuni brani risuonano però momenti dissonanti, e la spiegazione si ha se si
conoscono quelli che il musicista indica tra i suoi primi riferimenti musicali, Johnny Cash e Tom
Waits.
Nei suoi testi si parla di vita vissuta, la vita difficile di chi vorrebbe un cambiamento positivo e lo
cerca in un gratta e vinci, come in Scratch; oppure il meccanico che ormai convive con l’odore della
benzina su di sé, in Gasoline Hands. Si parla della vita che se ne va a causa di un incidente, come in The Unanswered Prayer, il brano che chiude il disco.
L'album è ben suonato da Brown, con composizioni che colpiscono l’ascoltatore e che escono dallo
standard Country. I musicisti che compaiono in Happy Hour seguono Brown da molti anni. Le quattordici canzoni sono state registrate da Dean Jones e Ken McGloin, che si sono uniti all’autore suonando vari strumenti a corda, mentre la sezione ritmica, mai invadente, è affidata a Mark Murphy e al batterista Dean Sharp.
Questo lavoro, quindi, dovrebbe permettere all’autore di arrivare a un numero più ampio di
estimatori: lo speriamo vivamente!