Marcotulli Erskine Danielsson Trio M/E/D
2015 - Abeat Records / IRD
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È difficile sfuggire al fascino di un trio di così alto lignaggio, solido e sobriamente elegante come le campate del ponte ritratto in copertina. M/E/D è l'acronimo di Marcotulli-Danielsson-Erskine: due colonne del jazz europeo, che meriterebbero maggiore notorietà anche fuori dal loro ambito, e un percussionista americano di culto, campione della fusion anni 70-80 prima con i Weather Report e poi con gli Steps Ahead. Insieme hanno riempito piazze e festival italiani nelle ultime due estati e questo disco, edito dalla italianissima Abeat Records e registrato il 13 luglio 2014 al Porto Antico di Genova, è un'efficace testimonianza del loro nuovo progetto.
Peter Erskine e Palle Danielsson hanno già collaborato (in trio con il pianista John Taylor) per una serie di dischi della Ecm: il primo, You Never Know, è del 1992. Danielsson ha fatto parte del celebrato “quartetto europeo” di Keith Jarrett (1974-79), con Jan Garbarek e Jon Christensen. Rita Marcotulli, nella sua pluridecennale carriera, ha mescolato jazz classico, ritmi sudamericani e canzone italiana, in una valanga di collaborazioni prestigiose: basti citare Chet Baker, Richard Galliano, Steve Grossman, Joe Henderson, Joe Lovano, Enrico Rava, Kenny Wheeler, Billy Cobham. Nei sette brani qui in scaletta, ben assortiti per spirito e sensazioni che comunicano, il trio dimostra un'interazione davvero efficace, capace di valorizzare al massimo tutte le personalità in gioco. Gli assoli si intersecano con straordinaria naturalezza, avvicendandosi come una sequenza di successive “emersioni” e “immersioni” nel tessuto sonoro, senza strappi o forzature.
I M/E/D si dividono equamente la paternità dei pezzi, ma nella setlist spiccano anche la monkiana Pannonica, una melodia screziata e macchiata di blues, e Nightfall, omaggio dolente e sofferto alla memoria del compianto Charlie Haden. Mars, scritta da Danielsson ed efficacemente introdotta dal contrabbasso, ha un tema circolare e orecchiabile, quasi una danza. Con This is Not aumentano i giri del ritmo, ma poi l'atmosfera si fa più romantica e sognante, fino al primo significativo intervento dei tamburi di Erskine. For Jupiter, godibilissima, ha un riff accattivante, vicino agli stilemi della fusion, proposto da Danielsson e “doppiato” dalla Marcotulli (uno schema che si ripete più volte nel disco): Erskine si adegua alla grande. Poi sale in cattedra l'ex Weather Report, con due brani suoi. In Bulgaria gioca con i tamburi, quindi parte l'allegro riff che lancia l'assolo del piano, una swingante corsa sulla tastiera la cui energia viene quasi “scomposta” nella performance conclusiva di Erskine, tra scariche di ritmo e passaggi più rumoristici e delicati. Chiude magistralmente il set Autumn Rose, una piccola suite, diafana come una rosa, con momenti anche abbastanza diversi tra loro: comincia sospesa e astratta, con spirito free, per poi approdare a una melodia ben strutturata. Quasi una rivelazione.
Lo stile della Marcotulli è molto personale, conciso e concreto, senza melensaggini o intellettualismi. Danielsson, punto di equilibrio del trio, cava dal suo strumento note di eccezionale profondità e riesce sempre a calamitare l'attenzione quando si mette in prima piano. Erskine regala divagazioni e fantasia, come la spezia giusta che completa un piatto già cucinato a puntino. La speranza è che il trio M/E/D si metta presto alla prova anche in studio, assecondando la creatività di un momento magico.