Malcolm Holcombe Pretty Little Troubles
2017 - Gypsy Eyes Music/ Proper / IRD
Il secondo brano, Yours No More sta tra la canzone di commiato amoroso e un certo gospel del vecchio Cash, ma l’unico momento che emerge è il breve cambio in minore. La successiva Good Ole Day rigioca la carta dei cori, ma il brano non decolla. Potrebbe essere una canzone di Greg Brown, ma il tutto resta più fermo all’esercizio che al calore del bluegrass, nonostante il dobro. Meglio la marziale South Hampton St, con la sua fisarmonica (ma il testo parla di una concertina!), i sogni zingari e il ritornello accorato che non sfigurerebbe nel canzoniere del compianto Willie DeVille. Anche la successiva Rocky Ground sa colpire al cuore, con un accenno di pedal steel. Poi purtroppo il livello scende in una certa prevedibilità, con punte di stucchevolezza come la celticheggiante Eyes Of Josephine, mentre gli archi su The Sky Stood Still purtroppo appesantiscono l’arrangiamento senza aggiungere calore. Infine l’album riprende quota con la conclusiva We Truggle, poco più che un sussurro su un arpeggio semplice e dritto al punto.
Insomma, l’ultimo lavoro del buon vecchio Malcolm non esce dai sentieri della musica di genere - dalle parti di Otis Gibbs o di un Tom Owens, per intenderci - dando agli appassionati di Americana di che dilettarsi, ma senza fare quel passo che forse oggi ci si aspetta soltanto più da un Tom Russell. Suonando ora come una sorta di Steve Earle senile, ben prodotto e dotato di stile, ma forse con meno ispirazione che in passato, Holcombe ci racconta i suoi Pretty Little Troubles senza commuoverci più di tanto, ma intrattenendoci con solido mestiere. E forse non è poco.