Malcolm Holcombe Another wisdom
2003 - PURPLE GIRL MUSIC
La storia del rock è invece piena di musicisti che per diversi motivi sono rimasti ancorati ad una realtà circoscritta, in scala ridotta: Malcolm Holcombe potrebbe essere iscritto a questa categoria, variabile a seconda delle situazioni e dei punti di vista, come potrebbe diventare un classico contemporaneo, diciamo sulla scia di James McMurtry.
Già il precendente “A hundred lies” era rimasto bloccato per via dell’acquisizione della Geffen da parte della Universal. Eppure questo cantautore del North Carolina possiede una dote rara: non sbaglia un disco. Provate a mettere “Another wisdom” accanto a “A hundred lies” e ad ascoltarli di seguito: avrete la prova di un’artista che cresce, senza calare mai in qualità.
È ormai improprio parlare di rivelazione, di conferma, di emergente o di sorpresa dell’anno, perchè la musica di Malcolm Holcombe gode di una costanza invidiabile.
“Another wisdom” si guadagna un posto non lontano da dove si trovano i dischi di Dylan, J.J. Cale, Townes Van Zandt. È un disco adulto, senza novità, con un suono maturo.
Le canzoni non puntano sull’impatto, ma sulla concentrazione e sulla sobrietà. Ciò che rende Holcombe qualcosa di più dell’ennesimo artista minore dell’Americana è il suo riuscire a fondere eleganza e genuinità in una voce assolutamente personale, originale proprio per nel suo essere moderata. E perciò qualche confine lo dovrebbe varcare, con un po’ di fortuna e con un’adeguata promozione (anche dal vivo).
Il suo rock è prezioso e raffinato come pochi: vale ad esempio di tutti i brani “Mister in Morgantown”, uno swing-blues con clarinetto e fisarmonica, che suona come un Tom Waits dalle buone maniere.
Treni e drugstore, fiddle e fingerpicking, small town perennemente addormentate su se stesse e una voce scura e profonda, come un John Hiatt più posato. Malcolm è coerente alle sue origini folk, blues e country, ma si presenta fresco approfittando della produzione di Don Tolle e di ottimi musicisti: “Another wisdom” non ha la patina che riveste i dischi country, né l’approccio un po’ grezzo del rock stradaiolo. Eppure ha la naturalezza e la profonda sincerità di entrambi.
Tra non molto potremmo attendere i dischi di Malcolm Holcombe, con la stessa paziente dedizione che riserviamo ai grandi come Guy Clark e Jorma Kaukonen. Anzi, lui meriterebbe già da adesso questo speciale trattamento.