Lucertulas Tragol de rova
2007 - Robotradio
Al di là dei piccoli cambi strutturali, c’è in questo “Tragol de rova” una maggior coscienza del proprio suono, quasi che il trio fosse oggi più consapevole della materia che tratta. O meglio, che maltratta, perché nel giro di una mezz’ora scarsa ci si trova assaliti e posseduti da un hard-core caricato di forti pesi noise.
Non è un caso che il dischetto sia stato registrato e realizzato con l’aiuto di Giulio Favero, uno che tra One Dimensional Man e Teatro Degli Orrori, ha contribuito in modo fondamentale alla crescita di questo suono in Italia.
I Lucertulas si pongono sulla scia di queste band e, pur non avendone il peso per così dire autorale, offrono un album superiore alla media emergente di molti gruppi nati su questa via.
Il loro è un noise che urla nelle orecchie e che punta ovviamente sull’impatto sonoro. Ma non è tutto qua, perché i tre sanno deviare e scartare dalle strutture granitiche del genere.
Quello dei Lucertulas non è il solito muro sonico, eretto martellando colpo su colpo, ma una struttura che si alza e cade continuamente.
Grazie anche alla brevità della scaletta, “Tragol de rova” costruisce un ambiente duro e spettrale, in cui trovano il loro posto anche alcune tracce strumentali, fatte di echi ambient utili a sfumare e ad introdurre colpi da paura.
Il limite sta in un canto stridente, che non ha molta forza, ma, si sa, in questi casi la voce conta relativamente. I passaggi migliori stanno nelle iniziali “Roulette” e “Partum” e negli squarci lancinanti di “Tintinnio”, ma la cosa che fa più sperare per il futuro del progetto è che il disco ha un suo senso, un suo spirito.
Per quanto si tratta di un genere in cui bisogna pur sempre riuscire a starci dentro con le orecchie, questo non è solo furore fine a sé stesso.