Luca Zennaro When Nobody Is Listening
2020 - Caligola Records
#Luca Zennaro#Jazz Blues Black#Jazz #Jacopo Fagioli #Nicola Caminiti
Chi l'ha detto che il jazz non può essere, parafrasando il lugubre film dei fratelli Coen, un “paese per giovani”? Nella prima metà di questo tormentato 2020 si moltiplicano gli esempi che smentiscono lo stereotipo, dimostrando come questa musica costituisca la palestra ideale per un esordiente che voglia raccontare in modo non banale idee ed emozioni, e magari il suo cammino di crescita, sia artistica che umana. In When Nobody Is Listening ci godiamo con piacere la bassissima età media dei protagonisti, a partire dall'artefice principale, il chitarrista veneto Luca Zennaro, classe 1997, qui al suo secondo disco dopo Javaskara (2108), alla guida di un sestetto con Jacopo Fagioli (tromba), Nicola Caminiti (sax alto), Michelangelo Scandroglio (contrabbasso) e Mattia Galeotti (batteria), mentre al pianoforte si danno il cambio Alessandro Lanzoni e Nico Tangherlini. Il titolo non è forse una scelta casuale: “quando nessuno ascolta” - e sarebbe un peccato, aggiungiamo noi - è arrivato il momento giusto per dar sfogo senza remore alla creatività e magari vincere qualche residua timidezza. Ed è proprio quello che capita in questo lavoro, che alterna ampi spazi di delicata introspezione a improvvise esplosioni di energia. A questa impostazione generale si ispira la sequenza di parti scritte e parti improvvisate, con le seconde che spesso si muovono in territori inaspettati rispetto a quella che ci immaginiamo come la progressione naturale di ogni singolo pezzo.
A farsi particolarmente apprezzare, soprattutto considerando l'ancor breve anzianità professionale dei musicisti coinvolti, è il tipo di interazione che si crea tra i componenti del sestetto. Nella maggior parte dei brani non assistiamo a una canonica progressione di assoli ma piuttosto a un libero scambio di impressioni ed emozioni tra gli strumenti, sulla base di un canovaccio prestabilito. Questa sembra essere la volontà di Zennaro, autore di tutti i pezzi e degli arrangiamenti, che nel disco assume autorevolmente il ruolo di bandleader, anche a costo di rinunciare un po' a mettere in mostra la sua chitarra. How Times Flies è un esempio rivelatore in questo senso: dopo un tema che richiama, per atmosfera e respiro, Pat Metheny, Zennaro e Lanzoni si sfidano a rimandarsi idee e spunti, sostituiti nella seconda parte dalla fitta interazione tra i fiati di Fagioli e Caminiti. A estremizzare il concetto è Giochi di Luca: qui la rotazione tra i protagonisti è fitta e senza soluzione di continuità, in un passaggio del testimone dove ciascuno riprende il discorso appena abbandonato dal collega. Giochi davvero ben fatti e riusciti, delicati e stimolanti all'ascolto.
Ad aprire il disco è una nota ostinata, seguita dall'esposizione del tema della title track, che più avanti farà da cuscinetto tra l'assolo della chitarra e quello del piano, entrambi ricchi di idee e variazioni. A sorpresa, la chiusa è invece un breve excursus in piena libertà. In Camporovere, che è anche una ridente località dell'Altopiano di Asiago, è il contrabbasso di Scandroglio a scandire il tema, di malinconico gusto retrò, ripreso dai fiati. Ma metà strada tutto si interrompe, per poi ripartire con una lunga sezione di sapore free, che dagli iniziali schizzi sonori dei fiati prende sempre più forma, sotto la sferzate incalzanti della ritmica. Simala sboccia con lentezza, dalle note sinuose del sax all'unisono del fiati, passando per una curiosa sezione a tempo di marcia, per poi decollare con tre assoli di mirabile assortimento: Lanzoni bilancia l'intreccio delle melodie con parti più swing, Fagioli privilegia un lirismo agrodolce, mentre Caminiti aggiunge un quid di stravaganza destabilizzante. Il piano riveste un ruolo importante, e soprattutto Lanzoni mostra una spontanea consonanza di stile con Zennaro, al punto che la loro calibrata interazione è uno degli aspetti più riusciti del disco. Negli ultimi tre pezzi il suo posto è preso dal più esuberante Nico Tangherlini, che è protagonista soprattutto nella bella progressione di Same Genes e nell'epilogo finale. Recitativo, ultima traccia del disco, è un congedo diverso da tutto il resto e si distingue per la marcata cantabilità, replicando la melodia con ritmo e densità sempre crescenti.