Louis Fontaine Ritmi Moderni
2023 - Broc Recordz
#Louis Fontaine#Italiana#Alternative #library music #Elettronica #Soundtracks
Diversamente dall’opera prima, improntata su una forma tendenzialmente più jazzy e noir, qui Fontaine lavora più in favore di geometrie ritmiche votate al groove (a tratti persino in un serrato esercizio di ricerca e sperimentazione, come formulato nelle ultime due tracce), senza mai snervare quel fil rouge che lo cinge innegabilmente a maestri quali François de Roubaix e John Barry (in particolare quello del main theme “The Persuaders”).
Si è inevitabilmente avvolti dalla nube di ricordi, su una linea temporale tracciata da un fan del vintage, non di certo ruffianeria al risparmio. Tutt’altro. È il caso, ad esempio, di Voyage Cosmique, un classicismo montato ad arte da bassi dub e caroselli di moog, a pieno titolo sotto patrocinio Air (per tacere di Omertà, la creatura di Florence Giroud che su quegli stessi bassi fonda un’intera idea di mood ipnotico e cinematico, ancor più infarcita da un inappuntabile utilizzo del metallofono).
Interessanti anche le incursioni delle sezioni di brass, che in più tracce (Nuages e In Motion su tutte) danno ossigeno ad una maestosità altrimenti implosa. Sulle chitarre ricade invece con parsimonia l’opzione wah wah, in quegli sprazzi di melanconia e romanticismo che carezzano il disco, e che molto hanno a che fare con una certa aria da chanson française (da leggere, chissà, come un indizio già in custodia allo pseudonimo d’oltralpe).
Il gran colpo da maestro è lì in divenire. Ritmi Moderni ha un’incredibile profondità di lettura, perché sì, va bene de Roubaix, va bene Barry e, diciamola tutta, quanto Armando Trovajoli scorrerà nelle vene di Fontaine? Ma si provi a distillare hauntology psichedelica sul manto retrospettivo: Ritmi Moderni entrerebbe di diritto nel catalogo Ghost Box, e di quel ceppo esponente ante litteram. Un Other Channels (The Advisory Circle) in progress.
Per dirne ancora: si notino l’aria freak da library music ‘60/’70 come poche in giro e l’anima latina con cui Lucio stregò. O, infine, le danze scarne e stranianti dello Steven Brown di El Hombre Invisible (al pari di M. Caye Castagnetto), alle latitudini di quell’imperdibile folk-lounge bislacco che risponde al nome di Mondi Paralleli.
Tutto qui? Tutto qui. Ma un tutto di rara bellezza, talmente estroso e ricco di citazioni da sollevare il più classico dei quesiti: quanti artisti al giorno d’oggi tradurrebbero in musica il tema del già visto e sentito senza cascare nella rete di sbadigli? Sentenza ai posteri.