Lost Weekend From Shine Till Rust
2015 - Mummy Bullett Records
From Shine Till Rust ha avuto un parto un po’ tribolato, concepito e iniziato poco prima che si scatenasse quel maledetto terremoto emiliano del 2012 che ha lasciato la band priva del proprio rifugio sonoro, ha dovuto seguire percorsi farraginosi prima di veder la luce e a tal proposito gli avrei anche appiccicato come sottotitolo “barcollo, ma non mollo”. Ed è proprio grazie alla tenacia e alla passione di Paolo Roncati (vocal, armonica and guitar) e della band se oggi questo cd gira nei nostri lettori crescendo, senza clamori e fuochi artificiali, ascolto dopo ascolto.
La band è composta oltre che dal già citato Paolo Roncati, da Nicola Jannucci (lead guitar, lap steel), Andrea Barioni (batteria) e Michele Ugatti (basso) affiancati da Michele Anelli (che molti ricorderanno alla guida di quella band di pionieri che furono i Groovers e interprete di un proprio percorso cantautorale e indagatore di musica popolare); un appunto che qualche pignolo forse può imputare a From Shine Till Rust è un’eccessiva lunghezza (oltre 77 minuti), ma quella della lunghezza è un’ottica che va inquadrata in un contesto di un susseguirsi di storie, di piccoli film, di episodi raccontati, una sequenza di immagini e romanzi che si fondono in un’unica storia delle piccole cose di tutti i giorni; non è un concept album ma è un rivelare tramite canzoni e suoni l’avvicendarsi degli incroci della vita, di facce luminose e facce arrugginite.
C’è tanto Dan Stuart in queste tracks, tutti i nuovi volti del roots-rock hanno un debito con lui e i suoi Green On Red, ma abbiamo sentore anche di Del Fuegos, di Georgia Satellites, degli immensi Dream Syndicate, un pizzico di Long Ryders, ma scoviamo pure barlumi di Alex Chilton, Calexico, Wilco o Giant Sand. E, ascoltando il cd, non c’è da stupirsi se scoprissimo che la band abbia preso il nome dall’album di quella banda di sconvolti dei Danny & Dusty che incorporava affiliati dei Dream Syndicate, Green on Red e soci.
Tra le tredici song dell’album una menzione va a You're the Only One, ballad acida in puro Green On Red style con i suoi vagheggianti di chitarre; ai tallonamenti urbani di I Smell Like Gasoline o ai desertici sospiri bucolici con il color dell’imbrunire di The Road e della suggestiva Cherry Red Sofa sospesa tra la polvere e scarlatti barbagli rasoterra di luce trafitta. Il rock metropolitano che inciampa nelle stringhe di Del Fuegos fumati di Proud Workin' Man e le cromature rootsy neil-younghiane della bella For a While, la gioconda sapidità equilibrata di Hard Life in 2015 e l’anima rovente e selvatica di Steelyard Blues ci fanno volare aldilà del voodoo ed agguantare la coda scattante delle folgori.
Come sempre: ascoltare a volumi alti.