Liam Ó MaonlaÍ Rian
2005 - Rian Records
Questa personalità tanto forte gli ha permesso di costruirsi una carriera solista che spazia dalla musica all’arte: nel corso degli anni ha collaborato con gli Waterboys e con Andy White (con cui ha fondato gli Alt), si è dedicato alla pittura, ma soprattutto ha intrapreso un percorso spirituale che, partendo dal soul di cui erano intrise le canzoni degli Hothouse Flowers, è andato alla ricerca delle proprie origini uscendo anche dall’Irlanda. Ó Maonlaí ha finito così per entrare in contatto con artisti di varie parti del mondo come Carlos Nunez, i Kodo Drummers, le Indigo Girls arrivando a suonare anche con cantanti aborigeni e con gruppi della Papua Occidentale.
Chi fosse all’oscuro di questi sviluppi potrebbe rimanere spiazzato da “Rian”, un cd di musica etnica che nulla ha a che fare con il soul e il rock degli Hothouse Flowers.
Ó Maonlaí è riuscito comunque a costruire un disco di spirito, come nelle sue caratteristiche, ma su coordinate del tutto diverse che bisogna aver ben presenti: si tratta di una raccolta di tradizionali irlandesi interpretati con forti attinenze alla musica africana. Non ci sono canzoni vere e proprie: i brani sono vicini ad una forma spiritual che cerca di instaurare uno stato di trance tramite l’uso delle percussioni.
Al disco partecipano Justin Adams (chitarre e ngoni) e Caroline Dale (violoncello), ma si tratta di interventi sporadici, perché Ó Maonlaí suona quasi tutto da sè prodigandosi al canto, alle percussioni, ai whistles e a qualche tastiera.
Va detto che questa non è la solita world-music aleatoria e fruibile: “Rian” scende più nel profondo andando alla ricerca di quello spirito primitivo che idealmente ha nutrito ogni musica.
Non si può che rimanere affascinati da una voce che riesce a cantare melodie celtiche suggerendo affinità con l’Africa e con altre parti del mondo. Allo stesso modo non si può che rimanere toccati da un lavoro in cui è palpabile un forte afflato umano: alcune imperfezioni, come il respiro che prende fiato suonando il flauto, sono volute e lasciate proprio per rendere più percepibile l’anima del disco.
Ó Maonlaí ha le doti di un vero medium e le capacità di un musicista talentuoso. Non suona banale neanche quando recupera qualche reel irlandese e riesce davvero a suggerire quello spirito puro ed originario di cui oggi la musica è priva.
Ciò non toglie che “Rian” resti un disco di musica profondamente etnica.