Lepre Eremo
2024 - Santeria Distribuzione Audioglobe
Lepre, all’anagrafe Lorenzo Lemme, con Eremo mostra di non essere semplicemente un cantautore. Ascoltando brani come Acufene emerge un’energia diversa, a tratti rabbiosa e stizzita (“Tu non mi vuoi più bene, e va bene”). Quella che forse si acquisisce solo suonando per strada, e non a caso Lepre nel suo passato annovera, oltre alla collaborazione con Lucio Leoni, anche esperienze busker.
Un essere in perenne movimento, che ha caratterizzato anche il periodo di scrittura del disco: “Mentre ero in tour e facevo il driver e i traslochi, ho cambiato quattro volte alloggio […]. Mi sono ritrovato solo con la chitarra in mano e il tempo per scrivere raramente e quasi per caso, ma ogni volta che è successo avevo appunti e idee da sviluppare”. A suggerirgli di provare a mettere insieme i frammenti è stato Giorgio Maria Condemi. Le cose sono andate subito meglio del previsto: “Un giorno […] mi ha proposto di fare una prova per capire se potevamo registrare qualcosa di nuovo in studio da lui e in una sera abbiamo buttato giù due o tre cose pazzesche. L’ho chiamato la mattina dopo e gli ho chiesto se aveva altri giorni liberi.” Lo ritroviamo quindi in Eremo come produttore e musicista. A completare la formazione Francesco Chimenti (sempre dalla band di Motta), Michele Mariola e Carlotta Deiana.
Il risultato della sintonia creatasi è un lavoro denso di pensiero, ma con un’esplosività flower–punk. “La maturità non è arrivata con gli esami, ma con le manifestazioni / con i concerti le serate fuori, con le sconfitte alle elezioni” canta Lepre in Capannone, e sembra di vederlo suonare, con la band, a un corteo studentesco. Per la freschezza di ogni riff, per quella nostalgia di un momento in cui forse sembrava tutto possibile (Genova nel 2001?) e l’amarezza della realtà non si era del tutto palesata: “Non mi ricordo quando ci siamo spenti e non abbiamo più ballato”. Eppure, sotto la cenere delle sconfitte Lepre sembra mantenere la fiamma accesa: “caricare scaricare calcinacci” (Calcinacci) piega, ma non spezza. Continua a sognare un mondo in cui “quel modo rozzo di parlare” verso le donne vada a farsi benedire (Splendi), in cui “le regole del gioco” possano andare a fuoco (Regole).
“C’è chi sogna un’altra vita io ho soltanto questa / una dentro un corpo che non ha nessuna Bibbia / il tempo che mi resta non voglio passarlo chiuso in gabbia”. E per segare le sbarre non c’è niente di meglio della musica, del riversarvi tutta la propria anima.
Un essere in perenne movimento, che ha caratterizzato anche il periodo di scrittura del disco: “Mentre ero in tour e facevo il driver e i traslochi, ho cambiato quattro volte alloggio […]. Mi sono ritrovato solo con la chitarra in mano e il tempo per scrivere raramente e quasi per caso, ma ogni volta che è successo avevo appunti e idee da sviluppare”. A suggerirgli di provare a mettere insieme i frammenti è stato Giorgio Maria Condemi. Le cose sono andate subito meglio del previsto: “Un giorno […] mi ha proposto di fare una prova per capire se potevamo registrare qualcosa di nuovo in studio da lui e in una sera abbiamo buttato giù due o tre cose pazzesche. L’ho chiamato la mattina dopo e gli ho chiesto se aveva altri giorni liberi.” Lo ritroviamo quindi in Eremo come produttore e musicista. A completare la formazione Francesco Chimenti (sempre dalla band di Motta), Michele Mariola e Carlotta Deiana.
Il risultato della sintonia creatasi è un lavoro denso di pensiero, ma con un’esplosività flower–punk. “La maturità non è arrivata con gli esami, ma con le manifestazioni / con i concerti le serate fuori, con le sconfitte alle elezioni” canta Lepre in Capannone, e sembra di vederlo suonare, con la band, a un corteo studentesco. Per la freschezza di ogni riff, per quella nostalgia di un momento in cui forse sembrava tutto possibile (Genova nel 2001?) e l’amarezza della realtà non si era del tutto palesata: “Non mi ricordo quando ci siamo spenti e non abbiamo più ballato”. Eppure, sotto la cenere delle sconfitte Lepre sembra mantenere la fiamma accesa: “caricare scaricare calcinacci” (Calcinacci) piega, ma non spezza. Continua a sognare un mondo in cui “quel modo rozzo di parlare” verso le donne vada a farsi benedire (Splendi), in cui “le regole del gioco” possano andare a fuoco (Regole).
“C’è chi sogna un’altra vita io ho soltanto questa / una dentro un corpo che non ha nessuna Bibbia / il tempo che mi resta non voglio passarlo chiuso in gabbia”. E per segare le sbarre non c’è niente di meglio della musica, del riversarvi tutta la propria anima.