LEITMOTIV A tremula terra
2012 - Pelagonia Music
singolo Pecore vi abbiamo presentato il video in anteprima. Il titolo del nuovo lavoro d’altronde gioca su un’apparente polivalenza: A tremula terra (ben più dell’analogo e più esplicito barese “a tramoto”, letteralmente “a terremoto”) sembra evocare con un tocco lirico e affettuoso una fragilità umana intrinseca all’instabilità della natura, ma è anche, in realtà, un’espressione di forza appassionata, quella che spinge appunto a resistere alle difficoltà esterne (e interne, dato il necessario riassestamento dopo l’addio al gruppo di Giovanni Sileno), impegnandosi in generale e buttandosi nello specifico nella musica “a capofitto”, effettivo significato di quella locuzione.
Il disco d’altronde è una catabasi nel reale, tra i “sogni bruciati tra il fumo e la pece” (Fiori d’iloti) dalla pigrizia e dalla tentazione della resa a un presente difficile, tra le paure “intermittenti” e il disincanto; eppure appunto è anche frutto e simbolo di resistenza, contro il vuoto, il “mercimonio costante” (Lamaravilla), l’ “ingrata solitudine” (Specchi), la degradazione a cui conduce la nuova povertà: a tutto questo, in uno stile che ha una grazia immediata (tra immagini realistiche quasi espressionistiche e desideri da evocare a suon di imperativi), si contrappone un “noi” solidale che comprende e lotta, pronto ad abbracciare “chi piange e chi non sa nuotare/ non chi saluta la mamma mentre affonda la nave” (Les jeux sont faits). Si contrappone la voglia ostinata di “cambiare il cammino”, di restare, anche quando tutto sembra tendere a restare uguale, di affrontare la sfida della libertà oltre il gregge (Controluce) e superare i “muri separa-destini” (Cattive compagnie).
Il verbo-chiave “resistere” riecheggia più di una volta nel disco, mentre si snoda un tessuto musicale dal fascino cangiante e multiforme: esso ora accarezza con suoni struggenti il dramma di essere costretti ad una vita di espedienti (la linea di chitarra dolorosa e lieve di Romeo disoccupato e il suo scintillio di glockenspiel), ora avvolge con una leggera coperta, luminescente e malinconica di synths (la breve Non ci resta che il mare), ora culla come una fiaba tropicale (Les jeux sont faits), ora prepara crescendo distorti con bassi 70’s (l’ottima Fiori d’iloti).
Ora la musica dei Leitmotiv asciuga il suo folk-rock tra suoni minimali (Specchi, con i suoi semplici ricami di chitarra acustica da brividi), ora spande colori notturni e fumosi tra ritmiche quasi blues, mentre salgono ammalianti profumi d’incenso tra i numerosi inserti musicali che sanno di Mediterraneo o Medio Oriente, a cui spalanca le porte anche Cattive compagnie, che parte con cadenze quasi rocksteady. Questo brano, ultima traccia del disco, sfocia in una ghost-track, una sorta di jam dai suoni eterei e disincarnati sui versi di Les jeux sont faits, che pure assumono la solennità dolce di una promessa (“pur sempre io e te…”).
Tra ritmi suadenti e ctoni e tra versi partoriti da una terra splendida e complicata, il frontman Giorgio Consoli (autore come sempre di interpretazioni dal calore perfetto), Giuseppe Soloperto (basso), Dino Semeraro (batteria) e Natty Lomartire (chitarra) dimostrano una volta in più una personalità artistica definita, matura e sicura. Una garanzia.
“Il piano è resistere” è il motto che campeggia sul libretto del terzo album dei Leitmotiv, eclettica band del tarantino, del cui Il disco d’altronde è una catabasi nel reale, tra i “sogni bruciati tra il fumo e la pece” (Fiori d’iloti) dalla pigrizia e dalla tentazione della resa a un presente difficile, tra le paure “intermittenti” e il disincanto; eppure appunto è anche frutto e simbolo di resistenza, contro il vuoto, il “mercimonio costante” (Lamaravilla), l’ “ingrata solitudine” (Specchi), la degradazione a cui conduce la nuova povertà: a tutto questo, in uno stile che ha una grazia immediata (tra immagini realistiche quasi espressionistiche e desideri da evocare a suon di imperativi), si contrappone un “noi” solidale che comprende e lotta, pronto ad abbracciare “chi piange e chi non sa nuotare/ non chi saluta la mamma mentre affonda la nave” (Les jeux sont faits). Si contrappone la voglia ostinata di “cambiare il cammino”, di restare, anche quando tutto sembra tendere a restare uguale, di affrontare la sfida della libertà oltre il gregge (Controluce) e superare i “muri separa-destini” (Cattive compagnie).
Il verbo-chiave “resistere” riecheggia più di una volta nel disco, mentre si snoda un tessuto musicale dal fascino cangiante e multiforme: esso ora accarezza con suoni struggenti il dramma di essere costretti ad una vita di espedienti (la linea di chitarra dolorosa e lieve di Romeo disoccupato e il suo scintillio di glockenspiel), ora avvolge con una leggera coperta, luminescente e malinconica di synths (la breve Non ci resta che il mare), ora culla come una fiaba tropicale (Les jeux sont faits), ora prepara crescendo distorti con bassi 70’s (l’ottima Fiori d’iloti).
Ora la musica dei Leitmotiv asciuga il suo folk-rock tra suoni minimali (Specchi, con i suoi semplici ricami di chitarra acustica da brividi), ora spande colori notturni e fumosi tra ritmiche quasi blues, mentre salgono ammalianti profumi d’incenso tra i numerosi inserti musicali che sanno di Mediterraneo o Medio Oriente, a cui spalanca le porte anche Cattive compagnie, che parte con cadenze quasi rocksteady. Questo brano, ultima traccia del disco, sfocia in una ghost-track, una sorta di jam dai suoni eterei e disincarnati sui versi di Les jeux sont faits, che pure assumono la solennità dolce di una promessa (“pur sempre io e te…”).
Tra ritmi suadenti e ctoni e tra versi partoriti da una terra splendida e complicata, il frontman Giorgio Consoli (autore come sempre di interpretazioni dal calore perfetto), Giuseppe Soloperto (basso), Dino Semeraro (batteria) e Natty Lomartire (chitarra) dimostrano una volta in più una personalità artistica definita, matura e sicura. Una garanzia.