Le Capre A Sonagli Il Fauno
2015 - Autoproduzione / #hashtag
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Il quartetto bergamasco Le Capre A Songali, con il suo terzo (e più maturo) capitolo discografico, ci consegna quattro suite che, oltre a rimandare a immaginari musicali differenti, rappresentano nel loro complesso la colonna sonora del mediometraggio realizzato da Dulco Mazzoleni e dalla “capra” Enrico Brugali. Il protagonista indiscusso della narrazione animata è Joe Koala, animale malmesso che, accompagnato da uno scheletro di pappagallo, si barcamena disorientato tra accattivanti trip da acido e animali della più stravagante natura. Coerentemente, i brani che ne accompagnano le avventure si divincolano come cinghiali impazziti, sfuggendo con prepotenza ad ogni tentativo di soffocamento, che sia quello del mainstream italiano o del poco rassicurante abbraccio dei tòpoi di genere.
Colori accesi al limite dell'accecamento illuminano i cieli de Il Fauno, facendo da sfondo ad un susseguirsi di lucide allucinazioni sonore. L'onirica sospensione dai risvolti cartooneschi di Slow; i satiri inferociti che, ubriacandosi a rock n' roll e pisciando tra i cespugli, animano la sgangherata Demonietto all'organetto; le voci infernali che infarciscono Serpente nello stivale; il genio caricaturale simil-western di Bobby solo, l'epicità strabordante di Joe e il disastro post-sonoro di Goo Porpacuttana sono solo singoli ingredienti la cui semplice somma non renderebbe giustizia al complesso pascolare delle Capre. Stefano Gipponi (voce, chitarra), Matteo Lodetti (basso, armonica), Enrico Brugali (batteria, percussioni, elettronica) e Giuseppe Falco (chitarra, banjo, elettronica) si confermano alchimisti frikkettoni da strapazzo nonchè abili maneggiatori di rock n' roll, blues, noise ed elettronica.
Chi si aspetta di trovarsi di fronte un lavoro che possa risolversi in semplici formule di definizione è bene che sappia che quattro Capre a sonagli hanno fatto di tutto affinché ciò non accada, presentando un lavoro che fa del paradosso, del grottesco e dell'iperbole la legge non scritta del proprio universo psichedelico.
Immagina... buoi.