Il resto è puro topos della band: un coacervo terrigno e lirico al contempo, che taglia trasversalmente la gazzarra festosa di Banda do dimoniu, l’ardore sempiterno della gelosia (Focu di raggia, cantato nella sua lingua madre dalla superlativa Carmen Consoli), quanto il silenzio e la quasi-poesia (in Notte chiara, mutuata da Domenico Modugno; e in Scuru). ll futuro-antico dei Lautari, rimanda, insomma - una volta di più - a madaleine agrodolci (profumi, strade, passi, notti, sogni, ritmi, geografie), a tempo e luogo passati e presenti. Un occhio alle istantanee virate seppia di un’isola-mondo, forse bisognosa ma a misura d’uomo (C’era cu c’era), uno alla cronaca che fa da sfondo alla denuncia sociale (Bumma, Cavaleri, Santa e picciridda). Musicanti arriva undicesima, a pronunciare l’ultima parola sul disco, riassumerne e tenerne insieme il filo del discorso.
Traduco dal dialetto siciliano: “…vi abbiamo raccontato di gioie e di sofferenze/ di come va l’amore e il destino, di lunghe strade e di notti senza luna/ Di come si presenta la magia, di quanto ti ubriaca l’allegria/ Di come ancora l’uomo scatena la guerra, di quale è l’odore della terra dopo la pioggia”. Due ulteriori menzioni di merito: la prima per l’incisiva La cifalota (Cifali è un quartiere di Catania), che dice ciò che deve senza sprecare una parola più del necessario, il resto sa farlo la musica (“Che cantare ha questa ragazza del quartiere Cifali/ Mentre si trova sotto un albero di mandorle dal guscio molle/ La sentissi cantare un’altra volta/ Lei perderebbe l’onore, io la vita”). La seconda per il variegato comparto sonoro: un amalgama riuscito di voci, strumenti colti e popolari (archi, ottoni, chitarre, marranzano, trombe, flauto, contrabbasso, mandolino e persino la piva), echi mediterranei, tanghi balcanici (Focu di raggia) e persino aperture di vago sentore irish (Bumma), che rileggono la tradizione con verve spumeggiante, passepartout per la musica senza aggettivi, quella capace - parafrasando Fossati - di fare “guerra agli idioti/ agli arroganti pericolosi”. Voto? Otto. Alla faccia di chi mi accusa di avere orecchie e cuore soltanto per i cantautori.