Larry Stephenson Band What Really Matters
2012 - Compass Records
Tracks elastiche e ben strutturate, armonie e afflussi spumeggianti fanno di What Really Matters un lavoro che si ascolta con estremo appagamento: nulla di trascendentale, è vero! ma sono proprio i dischi come questo che sanno infondere quella sensazione di stimolante leggerezza e di spensierata ricreazione di cui ogni tanto abbiamo bisogno.
Il virginiano While Larry Stephenson è un bravo e irreprensibile mandolinista/chitarrista e un lodevole high tenor vocalist, ha un curriculum di buon spessore, un’esperienza significativa nei Bluegrass Cardinals e con i Virginians di Bill Harrell; oltre alle consuete partecipazioni ha preso parte tra l’altro anche ai dischi della Bluegrass Band, team passeggero geminato in studio che riuniva turnisti di talento con la voglia baloccarsi con i propri strumenti. Annovera una propria brillante carriera e un’apprezzabile discografia della quale possiamo menzionare episodi come 20th Anniversary (2010) con ospiti come Ricky Skaggs, Marty Stuart, Sonny Osborne e Del McCoury, il valido Life Story, l’ottimo Clinch Mountain Mistery o gospel albums come Heavenward Bound o l’amabile Close My Eyes To Heaven.
Ascoltando What Really Matters i primi accostamenti che vengono in mente sono Doyle Lawson & Quicksilver, i Seldom Scene e i Country Gentlemen. L’atmosfera generale è rilassata, ma allo stesso tempo corroborante e stimolante; le sonorità sono splendide nella loro puntigliosità bluegrass, con toni vivaci, freschi e brillanti.
My Heart Is On The Mend apre le danze e il mondo attorno assume i connotati del bluegrass tradizionale con il basso che pompa il ritmo, il banjo a marcare i fremiti, il violino a cerchiare ribollimenti e la chitarra e il mandolino che corrono in giro. You’re Too Easy To Remember è una splendida slow ballad mentre la lucente God Will e la seducente Blues Don’t Care Who’s Got’em sono tracks brillanti e affascinanti, con un po’ Seldom Scene o i cento altri nomi che vi vengono in mente.
Nella spumeggiante Philadelphia Lawyer c’è un bel duetto con Sam Bush, è una delle songs più stuzzicanti dell’album con in più bei solo di mandolino-chitarra-violino.
Seashores Of Old Mexico chissà perché mi rammenta certe cose di Peter Rowan; Big Train ha un passo indiavolato con breaks invasati e il piedino non riesce a stare fermo.
Respiri ampi per On The Jericho Road, bel gospel a più voci con un delizioso botta-risposta, sbarcano poi lo scarmigliato strumentale Bear Track e un’accattivante Before I’m Over You dalle marchiature country e con una limpida steel a bordo.