La Notte Dei Lunghi Coltelli Morte a credito
2012 - Black Candy/Audioglobe
Le filastrocche taglienti lasciano il posto ad un suono cupo e potente. Note dilaniate riaprono ferite della storia e dell’anima. A cominciare dal nome del gruppo (che oltre a Karim Qqru dagli Zen Circus comprende Izio Orsini e Ale Demonoid Lera) che rievoca il regolamento di conti tra carnefici, con le SS di Hitler che sterminano i componenti delle SA permettendogli di avere pienamente mano libera nei suoi folli progetti.
La caduta inizia rapida e diretta come un proiettile, con la voce di Karim rabbiosa e disperata. J'ai toujours été intact de dieu aggiunge al miscuglio di ateo orgoglio ed atea desolazione del testo di Jacques Prévert un suono sulfureo e che ricorda i CCCP di A ja ljublju SSSR e Manifesto. D’altro canto John Milton in Paradise Lost ricordava che è “ meglio regnare all’Inferno che servir e in Paradiso”.
Densa di scintille è La nave marcia,così come la tolstojana Ivan Iljc. Il brano è strumentale e a colpi di rock ed elettronica riporta ai cupi pensieri dell’uomo giusto Ivan Iljc e alle oscure pieghe di San Pietroburgo in quartieri come il malfamato Sennaya, dove Fëdor Dostoevskij scrisse Delitto e castigo.
Dopo lo sfogo turbolento di DDR arriva la title-track. Meritatamente title-track: Morte a credito è una bomba di orologeria la cui virulenza e ben amplificata dall’animazione di R. Amal Serena e Anna Rattazzi. Orrori della storia: José Saramago e Louis-Ferdinand Céline concorrono a creare questo piccolo film nella degradazione umana, che passa per l’odio reciproco ed il lavoro alienante. Il fluire delle note è tutto una corsa all’inizio, con la batteria che incalza i cori. Poi ci si ferma per un pezzo quasi parlato, doloroso ed assurdo. Poi tutta la band riprende a pulsare, con un coro che inneggia alla “morte a credito” quasi come si fosse nell’arena con i leoni. Ed ecco il finale furibondo con un ritratto impietoso dell’umanità: “Alla fine siamo tutti seduti su una grande galera,/ remiamo tutti da schiattare,/ puoi mica venirmi a dire il contrario![…] /E cos'è che ne abbiamo? Niente!/Solo randellate, miserie, frottole e altre carognate./ Si lavora! dicono loro./Si lavora!”
La voce di Diego Pani rende D'isco deo, con il testo in sardo ( la Sardegna è la terra di origine di Karim) una disperata preghiera ancestrale che arriva dalle tenebre più profonde.
Levami le mani dalla faccia ospita la voce di Aimone Romizi in un assalto contro l’ipocrisia che alterna hardcore e cori quasi sensuali nei cori, vetri rotti e chitarra al fulmicotone.
Il gran finale è affidato a La notte dei lunghi coltelli, raggelante nei suoni stridenti e nel cantato metallico, revocatrice del sangue versato e della paura dominante in certi anni del cosiddetto Secolo breve.
Ecco cosa dichiara Karim a proposito della scelta di questo nome :” “La notte dei lunghi coltelli” fu un evento, a mio avviso, poco considerato nei testi di storia contemporanea; ebbe un peso politico enorme, decisivo per lo sviluppo della potenza di fuoco Hitleriana, rendendo chiarissima la folle lucidità sistematica che il penoso monorchide austriaco usò per arrampicarsi sempre più in alto. L’andare a braccetto ed usare qualcuno per emergere, per poi distruggerlo nel percorso di ascesa, quando questo diventa un ostacolo per il proprio obiettivo, é un comportamento comune… nella politica, nelle relazioni e in molti aspetti della nostra vita. Disegna la cifra rappresentativa dell’uomo alla perfezione, soprattutto negli aspetti negativi. E questo é il secondo motivo per il quale ho scelto “La notte dei lunghi coltelli” come nome. É simbolico di una dinamica umana che, a regola, con l’evoluzione sarebbe dovuta scemare, ma paradossalmente (o forse no) aumenta ogni giorno.”
E così ecco che il disco diventa una Guernica che cubisticamente ci mostra ogni sfaccettatura della storia e dell’animo umano.