La Famiglia Rossi Discorsi da bar
2003 - Lampo/Venus
Specie rara tra gli esemplari moderni di musicanti, questa oramai storica formazione lombarda pare aver mutuato dalle più pigre specie animali l’abitudine di uscire puntualmente dal proprio letargo ad ogni stagione estiva per ritrovare nelle feste di piazza l’habitat migliore nel quale dare il meglio di sé, per ripiombare altrettanto puntualmente ad ogni 21 settembre nel dimenticatoio, per un anno ancora.
A non conoscere stagione sono invece i “Discorsi da bar”: si tratti di satira sociale, fantapolitica oppure di semplici chiacchiere lanciate al vento appoggiati al proprio bancone preferito nel corso di una serata infrasettimanale come tante altre, poco importa.
Protagoniste di questo album sono quindi le schegge impazzite che abitualmente fuoriescono dagli incontri tra amici improvvisati, magari al termine di una giornata di lavoro, quando l’atmosfera che si respira odora di battute fugaci davanti ad un bicchiere, di pensieri in libertà e di imprecazioni al solito “governo ladro” che il più delle volte non sono altro che sfoghi delle proprie personali frustrazioni.
Monologhi, racconti brevi e tronchi, alcuni sconclusionati, altri nostalgici, legati tutti da quello stile fracassone e festaiolo che è un po’ il marchio di fabbrica del gruppo e che non sempre gioca a loro favore, soprattutto quando alcuni testi si trovano a sbattere contro un fondo musicale fin troppo spassoso, come oggettivamente accade con effetto stridente e fastidioso in “È morto Pinochet”. È un vecchio discorso, applicabile a molta –troppa- musica che ci circonda: slogan faciloni coniugati a ritmi danzerecci sono una formula che funziona fin troppo bene se si ha la combinazione di ritrovarsi di fronte ad un pubblico di adolescenti, ma quando l’età si alza ed i parametri di giudizio possono pur basarsi su altri fattori, è chiaro che il gioco cade rovinosamente, e il gruppo rischia di uscirne poco felicemente, annoiando i più.
Non tutto il disco risente di questa presunta piattezza, sia chiaro. La già citata “Mi sono fatto da solo” è a suo modo un piccolo capolavoro, e non mancano tra le pieghe dei singoli pezzi degli spunti interessanti dai quali si deduce una certa ricerca sonora di matrice Les Negresses Vertes, come ad esempio nel valzer in dialetto bergamasco “Balabiòtt”.
Lungo l’ascolto incappiamo in due cover, una (“Su cantiam’” di Dario Fo) molto riuscita, mentre l’altra (“Per la moto non si dà” di Cochi e Renato), che purtroppo non riesce rinnovare almeno il brio della versione originale, dimostrando qui tutti i suoi anni.
Come dopo tutte le serate più intense trascorse nel proprio bar preferito (a proposito il brano “Habana club” racconta della nostalgia verso uno di questi posti che si è visto a forza chiudere i battenti), giunge sempre puntuale la consapevolezza di qualche effetto collaterale dovuto ai troppi cocktail ingeriti, ecco così la delirante “Quanto ho bevuto stasera”, con la quale la serata può considerarsi chiusa. Buonanotte.
“Il wishkey viene su,
il rhum mi viene su,
il gas mi viene su
e sto ruttando”
Discografia:
Discografia:
- Il gioco è bello quando è bello (1995)
- Fiato alle trombe (1998)
- Lillipuziani! (2001)
- Discorsi da bar (2003)