Kyoto Limes Limen
2024 - Garden Of J
#Kyoto#Derive#Voci #Voci ##elettronica #Avantgarde ##experimental
Ciò che pervade l'intera opera è l'uso sfrenato di voci, come quando in apertura (Sangue) a governare è la stasi in linea di galleggiamento sugli abissi fluttuanti di litanie sinistre.
In successione (Inferno) è un arpeggiatore acido e gommoso (quasi in stile Chemical Brothers) a sdoganare una sperimentazione più eclettica e disinvolta, insediata sulla morbida cassa, sinuosamente aggrappata a tribalismi e lacerazioni soniche, mentre liriche perturbanti incombono risalendo la corrente.
Nel torrenziale vortice di creatività, regna sovrano il disordine stordente, giusto lì a indirizzare il beatboxing d'avanguardia (fra Daniela Pes e Cucina Povera) sul binario di un kraut da sconquasso, tradotto poi in un finale che è un abbaglio di tregua (Frontiera).
Uno-due di chiosa sugli scudi: Buco mischia le carte nei truculenti echi di electronics, spediti in viaggio fra le tenebre di Soap&Skin e imbevuti nel calamaio dell’epica drammaturgia inneggiante Chelsea Wolfe e Lafawndah. Mishima, invece, disegna piroette e annette rumorismi (cerimoniale à la Diamanda Galás), via via assopiti nella bruma percussiva di arcaiche danze, liturgiche e spiazzanti, tingendo in chiaroscuro le trame già insondabili di un disco avventuroso.