Kodex Breakdown
2022 - Filibusta
In Kodex, il piano generalmente è strumento principe nella creazione di brani musicali (jazz incluso), mentre l’elettronica permette surroghe di tutti i tipi: dai timbri strumentali al ritmo, dagli effetti ai contrappunti, dalla musica concreta alle cornici soniche più astratte.
Da un primo ascolto si sarebbe tentati di rubricare questo lavoro nella scia della musica New Age, concepita non tanto come viatico per trascendenze fisiche o spirituali, quanto come supporto per digressioni meditative. In realtà, prestando una maggior attenzione, a parere di chi scrive, questa conclusione risulterebbe errata, o quantomeno limitata, anche se comprensibile in prima istanza.
Nelle note al disco vengono evidenziati tre aspetti principali alla base del progetto: interazione tra esperienze di vita reale ed astrattismo, tra mente e anima e libertà nell’irrazionalità. Elementi questi che emergono con evidenza già nei primi brani.
The Model, composizione dei Kraftwerk, elimina il groove originale algido e robotico. Senza la parte cantata, con ritmo rallentato, l’elettronica in complemento e melodia da notturno, viene resa un’immagine più austera della modella, a scavalco tra il mondano e l’astratto appunto.
Breakdown ricorre a un minimalismo con piglio di solenntà. Qui ci si avvicina maggiormente al riferimento New Age per lo stimolo meditativo che la semplicità iterata del brano suggerisce, sostenuta dalla semplicissima armonia dell’arpeggio. Il ponte tra mente e anima prende corpo, per essere richiamato anche in altri momenti successivi del disco.
In Irrational Flight l’elettronica decide di più. Un substrato quasi biologico, concettuale e disperso alla Matmos sostiene un piano che viaggia per visioni. Si concretizza l’irrazionale, non tanto per la mancanza di coerenza interna del brano, quanto per la libertà dell’espressione; il mix tra le due dimensioni (irrazionalità e libertà) rende il pezzo godibilissimo.
Altra caratteristica di rilievo dell’opera è la permeante personalità che gli artisti esprimono, sia nei brani di altri, sia in quelli scritti di proprio pugno, dando un impianto omogeneo al quadro complessivo.
La partitura di Elegie (Claude Debussy) è nella sua versione originale interessantissima, per le linee melodiche giocate sulla parte bassa della tastiera e quelle accordali sull’alta, le linee ascendenti e discendenti, la dinamica fatta di piani e molto piani, la ritmica grammaticalmente quadrata, ma musicalmente diluita, l’uso delicato delle terzine. Ingredienti questi assolutamente compatibili con le traiettorie del lavoro in questione.
Il duo infatti mantiene una coerenza con queste linee di massima, ricorrendo a qualche accento dinamico più marcato e all’elettronica, che si integra perfettamente, riposizionando l’impressionismo nel futuro.
Un classico rielaborato nel perimetro della logica guida del lavoro, a testimonianza della lucida personalità degli artisti.
Il disco, grazie anche alla limitata durata, si fa apprezzare senza alcuno sforzo, proprio perché non scontato, frutto di un’evidente sapienza nelle composizioni e negli “arrangiamenti” tutti mantenuti all’interno di una propria visione del concept.
Consigliato spassionatamente.