King Tuff Black Moon Spell
2014 - Sub Pop
E’ tornato con Black Moon Spell, dopo due anni dall'ultimo disco, quel King Tuff (2012) che aveva convinto molto, tanto da essere considerato il suo lavoro migliore.
Irriverente, autoironico, apparentemente fuori dagli schemi, KT porta alta la bandiera di certe sonorità ormai difficili da trovare in giro, soprattutto negli iphone dei più giovani. Sonorità, che alla fine risultano l’elemento fondamentale per alzare il livello di un disco altrimenti mediocre.
Black Moon Spell è il quinto lavoro di Kyle Tomas. Album che conserva ancora il background musicale dell'artista.
I riferimenti, voluti o meno non si sa, nelle 14 tracce dell’album, sono tanti. Non c'è brano, che ascoltandolo, non faccia tornare in mente altre band attuali o del passato: i Black Rebel Motorcycle Club per esempio, che sembrano materializzarsi nel brano d’apertura dalle tendenze psych, nella quale figura una guest d’eccezione alla batteria, l’istrionico Ty Segall, oppure Sick Mind, che ricorda il groove dei Led Zeppelin o più semplicemente quello dei Wolfmother. E poi ancora, per un attimo, sembrano (ri)prendere vita i Nirvana di un Kurt Cobain meno dannato, quasi a ricordare che il disco esce sotto la stessa etichetta che fu del trio di Seattle all’esordio con Bleach.
I più "grandi" troveranno in tutto il disco il richiamo all'hard rock made in USA che imperò tra gli anni '80 e '90 (e qualche riferimento sabattiano qua e là), e che King Tuff riesce a svecchiare grazie ad una mescolanza di generi e melodie indie/garage/pop.
Tra i brani migliori, sicuramente figurano: Headbanger, Beautiful Thing, Black Holes in Stereo, Radiation, nei quali KT inserisce egregiamente momenti psychobilly, punk (alla Sex Pistols ripuliti) e glam (alla T-Rex).
Il sound di Black Moon Spell è grezzo e diretto; anche i testi sono abbastanza banali nella loro semplicità ma di facile fruibilità, come tutta la musica presente nel disco, che non dà mai l’impressione di osare più di tanto.