Un album gonfio di luce e vento. Musica per immaginazione, che naviga in mare aperto issando le vele tra virtuosismi di fiati e onde poderose di archi (diretti entrambi da Nico Muhly), sospinta dall’ottimismo generoso di una visione ´naturale´ della vita. Le sponde musicali a cui approda il Jón Þór Birgisson solista, durante una pausa indeterminata dei Sigur Rós e dopo l’esperimento del 2009 in duo con Alex Somers (´Riceboy Sleeps´), sono ovviamente le stesse degli episodi più recenti e più ´pop´ del sound lirico-visionario ed emozionale della band islandese.
L’inglese pare accentuare una vaga vocazione più commerciale che ha ampliato negli ultimi anni (da ´Takk…´ in poi) la popolarità del suo gruppo, ma risulta globalmente solo velatamente e vanamente ruffiana a fronte della sostanza poetica che, come un cuore di carne, è l’autentico palpito di fondo che muove paesaggi maestosi di orchestrazioni emozionanti.
D’altronde una delle canzoni più efficaci del disco è la struggente ballata ´Kolniður´, che percorre le sfumature del buio dell’animo tra brividi di violino e tensione di violoncello, tra magistrali crescendo di percussioni e piano, allontanandosi, anche grazie all’uso dell’islandese, dalla solarità programmatica e dal lato più ´propagandistico´ del disco, rappresentato ad esempio dal singolo di lancio ´Go Do´.
Delicati risultano pure il pathos dell’evanescente ´Grow Till Tall´ e la trascinante, eterea ´Tornado´, che si sollevano, acquistando una graduale potenza armoniosa, sulle ali del canto aereo di Jónsi, tramato di vocalizzi angelici.
I frenetici arrangiamenti del secondo singolo ´Animal Arithmetic´ e di ´Around Us´ suonano un po’ forzatamente barocchi, ma nel complesso l’album, in cui Birgisson è stato affiancato nella produzione artistica da Somers e Peter Katis (Interpol, The National, Mercury Rev) mantiene e sviluppa un buon livello di ispirazione e freschezza.