Jason Kao Hwang/edge Crossroads Unseen
2011 - Euonymus Records
Come altri artigiani del suono, e compositori di vaglia, non ha mai avuto riconoscimenti pari ad altri suoi compagni (pensiamo a William Parker che proprio con Hwang ha mosso i primi passi e con cui condivide tensioni creative e sociali) ma ha attivamente collaborato con artisti del calibro di Anthony Braxton, Reggie Workman (procuratevi il bellissimo Altered Spaces pubblicato dalla Leo nel 1993) e Henry Threadgill.
Il quartetto Edge invece si è formato nel 2005 e comprende anche la cornetta e il flicorno di Taylor Ho Bynum, il basso di Ken Filiano e la batteria di Andrew Drury. Cinque composizioni, una media di dieci minuti l’una, per il terzo lavoro in studio del quartetto, introdotto dalle preziose note di copertina di Steve Dalachinsky. Come nella migliore tradizione newyorchese, i titoli delle composizioni rimandano a un discorso ben preciso, all’idea di creazione artistica come impulso vitale.
Elemental Determination dichiara sin dall’apertura l’influenza di Threadgill nell’orchestrazione delle voci e dei colori, nella ritmica e nell’intreccio strumentale, in una economia tale che ogni espressione individuale si fregia di uno sfondo differente con uno scivolamento elegante di ogni voce dentro e fuori il collettivo, caratteristica fondamentale di tutto il lavoro e qui mostrato a bella posta come firma dell’intero lavoro.
The Path Around the House mescola umori biografici e piglio cinetico, ricordi e proiezioni, e ci regala una meraviglioso dialogo Hwang/Bynum e una dimostrazione dell’abilità di Filiano di passare con disinvoltura dalla elasticità ritmica a un teso e aspro lirismo. Transient invece è una ballata, con la cornetta a sottolineare a fil di voce e poi a intrecciare col violino movimenti sapientemente interpuntati, in puro stile AACM, da percussioni meditative e da un archetto su un basso carico di dolci asprezze.
Qui e là per le tracce, certe sfumature ritmiche prese dalle strade variopinte della Grande Mela speziano sia le parti più serrate che i momenti di quiete, mentre i microtoni trovano in Crossroads Unseen il loro momento di massima espansione e bellezza. Capiamo perché è questa la composizione posta a vessillo dell’album, peccato che forse, in tanta iperproduzione moderna e conseguente disattenzione, un gioiellino come questo rischi di passare inosservato, magari anche per colpa del superficiale pregiudizio che tutto sia già stato detto.
Cosa paradossale se pensiamo che questa è da sempre musica che si fa nel qui ed ora, basata sull’affordance e quindi da vivere, col suo bagaglio di storia, all’interno di una relazione con cui proprio la musica e l’ascoltatore sono in costante risonanza, come sembra suggerire la chiusura di One Day, che in un moto di suggerita circolarità sembra muoversi su coordinate simili all’inizio di quanto offerto dal disco, ma rinnovando il discorso con le tensioni e le aperture di cui abbiamo goduto durante il transito.