Chissà perché James McMurtry è così poco conosciuto dalle nostre parti.
Vicino alla cinquantina, in giro da oltre vent’anni, con una decina di dischi sulle spalle ed in tasca un Annual Americana Award per l’album ´Childish Things´ del 2005, questo texano, figlio di uno scrittore, ha continuato la tradizione famigliare dello storytelling, spostando però la narrazione dalla letteratura al rock’n’roll.
Un rock’n’roll da ´beautiful loser´, che calca piccoli locali americani in compagnia di vecchi amici (´The Heartless Bastards´ al basso e batteria), finalmente approdato l’anno scorso in Europa, con l’aggiunta alle tastiere di Ian McLagan dei Faces, inseritosi alla perfezione ad arricchire il suono della band.
E, dato che il Tour non ha toccato l’Italia, si accoglie con piacere l’uscita di ´Live in Europe´, che propone una selezione dei concerti tedeschi ed olandesi, con attenzione particolare alla notte al famoso ´Paradiso´ di Amsterdam.
Certo, a ben vedere, non si capisce il criterio di selezione dei brani del disco: solo 8 canzoni di cui 6 (peraltro in versione ineccepibile) riprese dal recente album ´Just Us Kids´ del 2008, più ´Restless´ da ´Childish Things´, ed un brano non memorabile, ´Fraulein O´.
La confezione comprende anche un bonus DVD, che stranamente ripete una paio di canzoni già presenti nel CD, ´Freeway View´ e la formidabile ´You’d a Thought (Leonard Cohen Must Die)´, ed offre ottime cover di ´Choctaw Bingo´ (10 minuti di southern rock dedicato ad un raduno famigliare ed alle sue solitudini assortite), ´Too Long in the Wasteland´, dal disco d’esordio, e soprattutto ´We Can’t Make It Here´, una canzone capolavoro sulla globalizzazione e la fine dell’american dream, vista con gli occhi dei blue collars del Midwest le cui fabbriche emigrano verso gli emerging countries a basso costo del lavoro.
Insomma, si poteva fare di meglio per rappresentare con maggiore efficacia ed equilibrio il repertorio del Nostro, proponendo qualche altro classico ed evitando ripetizioni, ma il risultato di ´Live in Europe´ è comunque positivo, sia per chi già frequenti il songwriting scarno e potente di McMurtry sia per chi non lo conoscesse ancora, e che da qui potrebbe partire.
Gli ingredienti infatti ci sono tutti: una chitarra essenziale e diretta, magistrale nel lavoro ritmico e nei fraseggi taglienti e puliti.
Una rara capacità di fondere l’anima roots con una tensione più urbana che rimanda a un certo Lou Reed.
Una voce nasale, calda e talkin’, inconfondibile, che conosce il fascino arcaico del cantastorie.
Liriche, da qualche anno sempre più schierate politicamente, che non sbagliano mai una parola per raccontare metafore di crisi (´Hurricane party´), storie di small town bullshit, di sogni e disillusioni (´Just us Kids´), e di fallimenti sentimentali generati dalla diversità (´Ruby and Carlos´) o dalla consunzione (´You´d A´ Thought´).
Il verso finale di ´Freeway View´ recita ´I love you but I´ve chosen darkness´, e in fondo basterebbe questo a dire che siamo di fronte ad uno dei migliori scrittori di rock in circolazione, che una sera speriamo di incontrare in qualche piccolo bar.