Igor Legari ft. Marco Colonna e Ermanno Baron Arbo
2023 - Folderol
#Igor Legari ft. Marco Colonna e Ermanno Baron#Jazz Blues Black#Impro
Un lavoro che richiama l’approccio degli Art Ensemble miscelato con l’approccio di un moderno Tinissima Quartet; un mix tra anarchia, folk immaginario e underground che porta l’ascoltatore su percorsi strani ed eterodossi, echi degli anni ’70 ripresi con sensibilità dei ’90 e dei giorni nostri.
Un’autentica avventura sonica giocata sui ricchi timbri offerti da Colonna, col ricorso a strumenti non propriamente usuali e recitanti in modalità lenta e legata, sostenuta da un approccio ritmico che richiama le esperienze della musica creativa degli anni ’70.
Il riferimento alla AACM di Chicago viene istintivo; la ricerca pare tesa più al suono che non verso una concezione tradizionale del virtuosismo o delle convenzioni musicali. Melodia, armonia e ritmo sfumano in un approccio di avanguardia postmoderna di stampo decisamente occidentale (ricordiamo che l’AACM fu per questo più apprezzata in Europa che negli USA).
Del resto, l’abbraccio a un futuro universale è sottolineato già nel titolo del lavoro, che in esperanto significa “albero”; le composizioni sono piuttosto indifferenti alla tradizione del genere e si aprono a versanti di danza ipnotica, di un world reinventato e di colori multipli.
Le composizioni infatti rifuggono dalla classica passionalità e frenesia del genere, preferendo un approccio apparentemente più astratto, quasi matematico, favorito dall’inusuale palette timbrica dei fiati; più che una ricerca del “free”, emergono una disciplina spirituale, un rispetto di consonanze in una geometria di un trio estremamente compatto grazie alla complementarietà dei ruoli.
Basso cadenzato, drumming sparso e fiati recitanti disegnano un ensemble che progredisce congiuntamente in strutture aperte, lineari, nelle quali scale e progressioni giocano un ruolo molto più marcato rispetto ai temi.
Ne è un esempio il brano di esordio, in cui lo stomp tradizionale viene trasfigurato in una marcia onirica, retta da un rullio della batteria che dilata il classico beat pesante virando al psichedelico.
Ancor più esplicito è il riferimento ricavabile in Malachi, non casualmente dedicato al bassista dell’Art Ensemble of Chicago e decisamente orientato a uno spirito di danza che mette insieme tutto, dall’afro al beat, da echi world a voci metropolitane.
Un certo gusto per gli ostinati ritmici ci porta poi al paragone con moderne sensibilità alla Tinissima Quartet, rispetto alla quale compaiono meno derive “punk”, ma si conserva quella gravità ritmica di cui Danilo Gallo è perfetto rappresentante.
Concludiamo come abbiamo esordito: un gran bel disco, certamente tra il meglio degli ascolti di questo inzio d’anno.