I Luf E Massimo Priviero Terra e Pace 1915 - 2015 Cent`anni di gratitudine
2014 - PerSpartitoPreso / SELF
I LUF son tornati! Son tornati in compagnia di Massimo Priviero e ancora una volta riescono a superare sé stessi, lo hanno fatto alla grande con un disco folk che ha tanto sangue rock nel proprio respiro. Rileggono e ridipingono le canzoni della “grande guerra”, rinfrescando le radici con creativa intelligenza e con un grande cuore. Le canzoni degli alpini, le canzoni di una memoria che ha accompagnato migliaia di giovani vite alla sconvolgente macelleria di una guerra truculenta, un conflitto dove la dama nera dalla lunga falce ha mietuto il suo osceno raccolto sanguinario. E’ un disco molto bello, travolgente e vigoroso, decisamente dinamico, dove le tradizioni della nostra storia vengono rilette con grande rispetto etico degli originali, ma è una rilettura attiva, una riscrittura vertiginosa che richiama in qualche modo quella tachicardia che tamburellava nelle Seeger Sessions di Springsteen. Nessun esercizio di eleganza estetica, ma un genuino atto di rispetto e stima nei confronti di gente che è stata suo malgrado protagonista e vittima di quel tragico evento storico che fu la prima guerra mondiale e la cui imminente commemorazione dell’anniversario del centenario bussa alle porte.
Come annunciato in premessa in questo nuovo progetto della folk-band camuna, «Terra e Pace» (sottotitolato: 1915/2015 Cent'anni di Gratitudine), i LUF cantano le memorie della tradizione legata all'epopea della Grande Guerra che nell’immaginario collettivo di molti è annodata alle vicende eroiche degli alpini italiani e il connubio delle voci di Dario Canossi & pards e di Massimo Priviero è azzeccato come non mai e l’inflessione della cadenza propria delle due voci (quella montanara camuna di Dario e quella veneta di Massimo) da all’insieme un sapore di autenticità. Sono la canzoni che mio nonno Luigi intonava sommessamente con gli occhi lucidi quando io, nella mia ingenuità di bambino, gli chiedevo di raccontarmi della sua guerra e della sua vita in trincea e non capivo perché avesse sempre qualche lacrima che gli spuntava con i ricordi “…l’è ‘na brutta bestia la guerra Claudio, gh’era tanta fame, il freddo e i compagni che ti morivano tutti attorno... e per passare il tempo cantavamo le nostre canzoni…”. Questo disco sarebbe piaciuto anche a lui, forse non c’è dentro la sua musica, ma c’è lo spirito, c’è il rispetto di una veridicità che non è retorica, quella è rimasta altrove assieme all’estetica. E’ un disco di sangue & passione.
Si parte con Sul Cappello, il celebre inno degli alpini e qui i Luf hanno giocato d’azzardo nell’andare a toccare un icona sacra, ma l’arrangiamento folk arrembante con violino, fisarmonica, banjo e batteria ha superato l’esame e le penne nere han dato il loro placet. Subito dopo arriva O Gorizia Tu Sei Maledetta che vede la presenza dei ticinesi Vad Vuc che ci han messo dentro anche i loro fiati e una fetta di cuore in una song che, per chi scrive, è una delle perle che da sola vale l’acquisto del cd.
Nella gustosa In Cima Al Tonale, Bim Bun Bam, riscritta dal Canossi, c’è un’aria di partecipazione collettiva che ritroveremo certamente nei live. La Tradotta, la mirabile Addio Mia Bella Addio, Era Una Notte Che Pioveva e l’affetto romantico di Angiolina, Bela Angiolina fino all’accoramento di Ta Pum dispiegano nuovi splendidi arrangiamenti e accenti che fanno girare il disco con gli stessi standard sonici degli Old Crown Medicine Show o degli Yonder Mountain String Band e trasportano l’ascoltatore in un esuberante e sfolgorante viaggio della memoria; una rivisitazione entusiasmante, ma allo stesso tempo rispettoso dell’afflizione contenute nei testi.
La tracklist è poi integrata da altre quattro songs in tema, con i Luf che offrono la loro Fiore Amore Disertore, canto contro ogni guerra e la divertente Barbos, Barbel, Barbù, una vampata di brio e d’allegria dialettale, una spiritosa storia di diserzione che narra (fatto vero) di un montanaro che, al tempo del fascismo, per non essere controvoglia arruolato nelle camice nere non ha indugiato a nascondersi dentro un carro di letame per uscire indenne dalla stalla circondata dalla milizia nera. Massimo Priviero da parte sua ci propone invece l’intensa La Strada Del Davai che racconta della funesta ritirata dalla Russia degli alpini ed una sua personalissima interpretazione de Il Testamento Del Capitano.
Il disco di folk rock italiano più bello dell'anno!