Hobocombo Now that it´s the opposite, it´s twice upon a time
2011 - Trovarobato Parade
Lo chiamano il Vichingo della 6th Avenue e voi penserete sia un homeless un po’ tocco, e, invece, vi trovate davanti a un musicista eccentrico e geniale, sulla cui serietà come compositore hanno testimoniato in tribunale Benny Goodman e Toscanini, un sidewalk hero fuori da ogni schema che ha influenzato Reich e Glass, che ha suonato con Charlie Parker, e le cui composizioni sono state riprese da Janis Joplin, Julie Andrews, John Fahey, Motorpsycho, Antony e tanti altri. Un esperto di musica dei nativi americani, di classica e jazz, capace di comporre sinfonie e canzoni folli, che decise di ascoltare i suoni ed i rumori della città proprio da quell’incrocio, per trasformarli in una musica in anticipo sui tempi.
Al genio di Louis Hardin, aka Moondog, è dedicato il primo disco di Hobocombo, trio composto da Francesca Baccolini al contrabbasso, dal Mariposa Rocco Marchi a chitarre e Korg, e da Andrea Belfi, ex batterista dei Rosolina Mar.
“Be a hobo and go with me” cantava Moondog, e a questo incitamento sembrano essersi ispirati gli Hobocombo, che scelgono una propria personale via alla rilettura delle composizioni di Hardin, spesso orchestrali, puntando decisi su una ambientazione da strada, ossuta e scarnificata, prevalentemente rock ed urbana.
Gli arrangiamenti del trio mantengono le ritmiche irregolari, tra Caraibi ed Exotica, proprie di Moondog, chiamano il contrabbasso a reggere l’insieme, recuperando sonorità più piene anche grazie all’uso dell’arco, mettono in primo piano le chitarre nervose di Marchi, e giocano con intrecci vocali ed uso del synth. L’approccio è particolarmente riuscito in Stamping Ground, con la tastiera a replicare la parte del fagotto, e Theme, in origine esempio di minimalismo glassiano ante litteram, qui trasformato in teso post punk desertico e circolare.
Il resto del lavoro non è da meno: l’essenzialità di Be a Hobo viene esplosa in mille rivoli ed echi folk, la potenza esplosiva di All is Loneliness si scioglie in un blues dolente e strascicato, Enough About Human Rights conserva la sua struggente natura Wyattiana, Bird’s Lament è un bebop folle dominato dal suono del Korg mentre Witch of Endor s fa litania psichedelica.
Un gran bel disco ed un omaggio sincero da cui prendere spunto per l’eccitante ri/scoperta di un musicista inaudito: “I’m in the world, but not of it” diceva di sé Louis Hardin, e la sua musica dimostra ancora oggi che aveva ragione.