Hank Shizzoe This Place Belongs To The Birds
2015 - Blue Rose Records / IRD
Nel 1996, a confermare le positive impressioni del concreto Low Budget, è arrivato il sostanzioso Walk; un lavoro più articolato ed estremamente intrigante. Plenty Of Time del ’98 ha connotazioni più bluesy, (bellissima la copertina con una foto di una vecchia locomotiva virata in blu) e ribadisce la statura del nostro amico quale chitarrista e autore di apprezzabile considerazione, forse un po’ derivativo (marcatamente J.J. Cale / M. Knopfler style), ma certamente dal gusto personalizzato. L’omonimo Hank Shizzoe del 2001 si discosta un poco dalla routine in quanto trattasi di un solo-album unplugged voice&guitar, ma non delude gli estimatori del giovanotto.
Nel corso di quegli anni il nostro protagonista ha approfondito la passione e lo studio della lap steel e della slide guitar, e se inizialmente le influenze primarie si identificavano nei già citati J.J. Cale e Mark Knopfler (modelli che gli restano sempre e comunque tatuati indelebilmente) ora emergono anche nomi che erano dissimulati sottopelle: Ry Cooder, Billy Gibbons, David Lindley, Sonny Landreth, Eric Clapton, il Keith Richards balladeers, Ali Farka Touré e altri eroi. Nel 2003 è la volta del doppio In Concert dove spicca la partecipazione attiva di un maestro quale è Sonny Landreth; un disco vigoroso, con morbidezze abrasive e ballate irrequiete, dove si innalza una ruvida energia sferzante accostata a vellutati accarezzamenti chitarristici. E sugli stessi sentieri di questo percorso seguiranno nel tempo a venire dischi come il buon Out And About, il rockeggiante Headlines, la dinamicità di Live In Motown o l’interessante Why Don’t You Love Me dove (in coppia con Claudia Bettinaglio) rilegge Hank Williams per far infine tappa lo scorso anno con il cantautorale Songsmith.
Questo nuovo disco tratteggia l’amore di Shizzoe per le sonorità acustiche, attraversando spazi country e il languore blues con maestria e un genuino senso dell’artigianato dove affiora un gusto raffinato e signorile e una squisita attenzione al risultato finale. E’ un cd caratterizzato da songs come onde increspate in un lago verde e blu cobalto, onde sonore assoggettate a folate di carezzevole rock multi caratteriale che si alternano ad auree e sapide south ballads; un disco sfiorato anche dalla malinconia e dal tepore di piacevoli accarezzamenti. Un album fresco e ben costruito, solido, con un canovaccio sonoro un po’ alla Dave Rawlings Machine e, dietro l’angolo, Cooder a strizzar l’occhio. Con canzoni autografe innegabilmente piacevoli a partire dall’ouverture di Because It’s There; la profondità emotiva della notturna Ballad Of Warm Bed; le penombre di I Miss Plains; la gradevole serenità bucolica di Don’t Know What It Is con Knopfler che spunta tra le corde e che bussa poi anche alla porta dell’amabile Abominable Snowman.
Decisamente bella e luminosa l’eclettica Ain’t Worth Trouble a cui seguono due cover inaspettate: l’apprezzabile appagata briosità roots di End of The Line (Traveling Wilburys) e una ragguardevole I Wanna Be Loved by You (Marylin Monroe) dalle serpeggianti seppiate movenze bluesy.
That’s all folk!