Greg Lamy e Fabio Boltro Letting Go
2023 - Igloo Records
Il disco si apre con una magnifica Bridge House, un pezzo che potrebbe essere la colonna sonora di un film western. La tromba di Boltro narra cronache remote a rallentatore finché la chitarra di Lamy, che fino a quel momento ha gestito un’interessante parte ritmica, si prende prepotentemente la scena con un grande assolo, limpido e deciso. La tromba lascia fare, poi riprende la chitarra e le loro scie si intrecciano. Il disco si sviluppa poi su linee differenziate.
Coccinelle, brano che come Alba Marina e Onirica porta la firma di Flavio Boltro, riporta alla forma del jazz più classico. Durante il soliloquio di tromba, la chitarra di Lamy getta accordi al momento giusto incorniciando il discorso di Boltro. Quando è il momento di dire la sua, però, non si butta in un intenso assolo, ma piuttosto in leggiadri e frammentati accordi con un suono piacevolmente riverberato. Questa forma si mantiene anche in Alba Marina, dove Boltro si impegna peraltro in un altro delicato fraseggio, malinconico ma con risoluzioni felici.
Si prosegue con Let’s Fly, dove Lamy sperimenta in coda al pezzo una chitarra più distorta, nonostante per il resto abbia continuato con il suo stile “dreamy” nello scrivere melodie poi ricalcate dalla tromba. Con lo stesso approccio si apre la dolce My Dearest (for Camille, Part II). Gramy suona per quasi due minuti da solo finché un intro della batteria di Robin non segna l’ingresso degli altri tre strumenti. Il pezzo è sentimentale ed è caratterizzato inoltre da un godibile momento, in cui a prendersi la scena sono le quattro corde di Laurent. Si arriva quindi a Onirica, canzone a cui il titolo calza a pennello, e alla particolare Enfin, molto ritmata grazie al particolare effetto creato dagli accordi di chitarra e le percussioni sui piatti.
C’è poi la leggiadra Daddy & Daughter, un’autentica ninnananna in cui arpeggi delicati si sposano con lunghe e lente suonate di tromba; un pezzo molto rilassante e piacevole che mette in risalto ancora una volta il potere della complementarità dei due strumenti.
Prima di arrivare alla chiusura con l’ottimo omaggio a Pino Daniele c’è spazio per l’ambigua IKB 3, in cui il quartetto ha creato un’atmosfera particolare che si differenzia un po’ dal resto dell’album, ma che riprende le sonorità di Bridge House.
Il disco è complessivamente assai piacevole. Come detto all’inizio è sempre interessante trovare lavori in cui due strumenti così si concedono gli spazi, sanno quando rincorrersi e quando frenarsi. L’interplay tra i musicisti è ottimo e il risultato sincero: un disco fine e particolarmente maturo.