
E così è anche per Gnut: lui ha curato testi e musica, i testi portano con sé una sottile malinconia, venature blues appunto, lo vediamo bene in Controvento, scarno (solo voce e chitarra), ma di grande respiro, ed è proprio il brano che apre il cd: «E ho tutto dentro e poi mi accorgo che non ho parole / non c’è poesia solo malinconia e malumore /e resto qui tra le mie mani e il resto del dolore /e resto qui tra le mie mani e una contraddizione/ me ne andrò controvento/sarò via un momento». Ma c’è anche molta contaminazione e sperimentazione in questo bel lavoro, se prendiamo la strumentale Il papavero non è cresciuto, troviamo anche qualche rimando ai ritmi africani del Mali. E, a proposito di contaminazioni, Gnut dimostra tra l’altro, nonostante il suo essere nomade (è infatti spesso diviso tra Roma, Milano e Parigi), di non aver perduto affatto il contatto con la sua napoletanità e ne è un esempio l’attacco proprio di Controvento. E quanta inquietudine si avverte nello stesso brano che dà il titolo al cd, Il rumore della luce appunto: «[…] restare qui è una tortura che la speranza rende sterile / e tu sei presente, tu sei sincero anche se in fondo non ti sembra vero / e fuori alla finestra non resta che un mondo che t’ignora».
Tutto parte da qui, infatti, da una notte in cui, osservando le luci fuori dalla finestra, ci si guarda dentro e al tempo stesso si riflette sulla realtà che ci circonda, sul dolore e sulla malattia. Luci che in realtà fanno rumore perché illuminano e disvelano quello che è nascosto al buio. Fame è blues puro e invece influenze cantautorali le troviamo in Credevo male: «Credevo che ogni scontro / servisse solo a farci migliorare / ma credevo male / credevo che cadere / mi avrebbe fatto poi rialzare uguale / ma credevo male» o in Troppo tempo: «[…] e tutti gli anni che ho nascosto / senza voglia di capire mi rimangono addosso / e ora si fanno sentire / ma ho perso troppo tempo». C’è poi, in Cosa pensare adesso, un pizzico del più recente Ben Harper, quello di GiveTill it’s Gone (il cd infatti è prodotto dal cantautore anglo-francese Piers Faccini, già collaboratore dello stesso Ben Harper), mentre il violino di Nollosò è intenso e al tempo stesso così semplice da lasciarti il dolceamaro dentro.
Insomma un lavoro intimo e profondo questo di Gnut, che ci fa ben pensare riguardo alle nuove generazioni che si affacciano sul panorama della musica attuale.