Giacomo Papetti - Small Choices Awake
2020 - Aut Records
Nel 2013 fu già ospite della testata con il suo Small Choices realizzato in sodalizio con Emanuele Maniscalco (piano) e Gabriele Rubino (sax piccolo e soprano, clarinetto basso).
In quell’occasione si misero in evidenza le caratteristiche del disco principalmente consistenti in:
- Incontro tra idee jazz e linguaggio accademico contemporaneo;
- Approccio non antologico né filologico ma piuttosto creativo e rielaborativo;
- Stile cameristico con sapiente uso delle dinamiche e anche dei silenzi;
- Libera rilettura che evita radicalismi ma, al contrario, avvicina l’ascoltatore;
- Organizzazione del combo molto integrata, orientata al collettivo più che ai consuenti schemi di interplay e di staffetta;
- Capacità di scomporre i riferimenti in frammenti su cui lavorare con effetti molto moderni, talvolta rasentando l’astrattismo ma mai la cervelloticità.
Tutte queste considerazioni possono essere integralmente confermate per questo Awake realizzato con la stessa formazione e con lo stesso spirito di indagine, studio e creatività. In aggiunta occorre evidenziare che il tempo non è trascorso invano; il combo si presenta con un taglio meno “didattico” rispetto all’esperienza precedente capitalizzando in modo evidente riflessioni ed esperienze.
Schoenberg non è un riferimento banale. In Arnold’s Lane ( ispirato ai suoi lavori per piano) la trama originale spigolosa, variata ritmicamente e dinamicamente con ampio uso di silenzi, viene “ammorbidita” da una sensibilità più melodica mantenendo un’impronta tipica dell’inizio ‘900. Si evocano quei climi espressionisti atonali ma non ancora dodecafonici e il senso della melodia resta “flottante”. Il riarrangiamento, senza malizia ma con una visione attuale, tiene legati all’ascolto in equilibrio tra piacere e curiosità.
Ingegnoso appare il ricorso a frammenti ottenuti da decomposizioni e rielaborazioni quali quelli relativi alla Passacaglia e al Piano B / Soft and Languid di Copland, con enfasi sul ruolo del basso e con una capitalizzazione delle voci dei diversi strumenti come il calore dei legni e un pianismo tenue ed evocativo.
Quest’ultimo risalta in modo esemplare nel Berceuse Triste derivato dalla composizione di Casella. Brano che risente dell’influenza di Ravel (con cui Casella visse un travagliato momento della sua educazione) e che viene riproposto con una narrazione impressionistica compatibile con la sensibilità sempre molto delicata di Maniscalco.
Affascinante e sorprendente è il cammeo offerto sulla scorta del Ma Fin Est Mon Commencement che vira al XIV secolo con Guillaume de Machaut; polifonia a tre voci mantenuta con un timbro del clarinetto quasi “post-cortese” che smussa elegantemente l’impostazione matematica dell’originale.
Ammaliante è l’uso del synth con la ripresa di Ligeti nel brano conclusivo.
Di pari dignità risultano i pezzi composti da Papetti, in equilibrio tra echi di Debussy e frammenti esposti e commentati con eloqui sobri ed eleganti, compatibili con i riarrangiamenti dei riferimenti accademici a testimonianza di un linguaggio proprio e di una chiara idea artistica.
Si condivide in toto la conclusione delle linee presentative di Mauro Montalbetti : un ascolto distratto di questo disco sarebbe un errore, ascoltarlo solo una volta sarebbe un grave peccato.