Descansate Nino<small></small>
Jazz Blues Black • Jazz

Giacomo Ancillotto Descansate Nino

2025 - Folderol

24/02/2025 di Pietro Cozzi

#Giacomo Ancillotto#Jazz Blues Black#Jazz #Giacomo Ancillotto #Marco Zenini #Alessandra D`Alessandro #Folderol

Elogio dell'esordio tardivo. Si potrebbero intitolare così queste brevi note dedicate a Descansate Niño, il primo disco da leader di Giacomo Ancillotto. In un contesto dove un nuovo “fenomeno” nasce e tramonta ogni giorno, passando precocemente dall'inevitabile capolavoro alla routine, è bello parlare di qualcuno che ha scelto di affinare più a lungo i suoi talenti, magari mettendoli soprattutto a disposizione di altri. Il chitarrista romano non è certo un neofita: attivo dal 2010 in svariati progetti collettivi che mettono al centro l'improvvisazione, lo si può ascoltare nei dischi di diversi artisti importanti, da Maria Pio De Vito a Enrico Rava. Ma è solo con Descansate Niño, titolo ripreso da un celeberrimo verso di Alle prese con una verde milonga, che il “bambino” decide di diventare adulto, pubblicando il primo lavoro a suo nome e assecondando l'invito a scansarsi o a darsi finalmente una mossa contenuto nella canzone di Conte.

Il filo rosso che lega gli otto brani è una sorta di percorso autobiografico in chiave minore, in cui Ancillotto mette insieme le pietre miliari della sua esistenza con diversi richiami al contesto in cui si è sviluppata, alla sua amata-odiata città natale e soprattutto ai suoi gusti musicali. Registrato in trio con Marco Zenini (basso) e Alessandra D'Alessandro (batteria) e corredato dalle bellissime illustrazioni di Marcho Gronge, il disco è un riuscito mix di stili diversi che sembra quasi configurarsi come un greatest hits del suo autore. Le influenze sono molteplici già a partire dall'iniziale Via Aurelia 253, in cui le diverse linee che si intrecciano e riverberano tra loro richiamano The Edge, mentre l'assolo ci riporta a Bill Frisell. Chattina e Sinnò me moro esplorano un'atmosfera più tex-mex, da blues desertico alla Ry Cooder, che sembra mescolarsi efficacemente con il folclore della romanità.

Ad accomunare le variegate ispirazioni è lo stile di Ancillotto, sempre sobrio ed essenziale, forgiato soprattutto sulla sottrazione e su un rapporto molto fisico con lo strumento. Sembra quasi di avvertire un corpo a corpo con le diverse chitarre, nel segno di una ricerca della peculiarità e della profondità di ogni singola nota, in un lavoro di paziente distillazione. In Igor Legari una semplice sequenza di riscaldamento utilizzata da un contrabbassista prima dei concerti, a corde vuote, diventa la base per un brano provocatoriamente sghembo e anarchico. Anche in Hikikomori è un frammento chitarristico, triste e dimesso, a inserirsi nella progressione della batteria. Altrove si nota invece una maggiore apertura melodica, come in Démodé, che vuole essere un omaggio a Duke Ellington e a Henry Mancini, o in Se telefonando, in cui la ripresa della notissima canzone morriconiana sboccia a partire da una bella introduzione acustica. Come si vede, il mosaico dei materiali di partenza è abbastanza eterogeneo, capace di attrarre la curiosità di ascoltatori altrettanto variegati, e questo è un altro pregio di un disco assolutamente da non perdere.

 

Track List

  • Via Aurelia 253
  • Igor Legari
  • Flemma
  • Se telefonando
  • Sinno` me moro
  • Demode`
  • Chattina
  • Hikikomori