Gemini 4 (feat. Hugo Race & Michelangelo Russo) Gemini 4
2019 - Gusstaff
#Gemini 4 (feat. Hugo Race & Michelangelo Russo)#Derive#Suoni
L’iniziale Unicorn apre con suoni soffusi e con quello che in gergo di si chiama pad atmosferico, ci sono tracce di drone, qualche rumore che riporta alla glitch music, un suono elettronico quasi datato (e forse un po’ troppo sognante), fino all’apertura pianistico-tastieristica. Le trasformazioni ribollono sotto la superficie di questo mare che rispecchia le stelle. La successiva Aspartame prosegue ma in modo più inquietante, con pulsazioni quasi acide, che subito s’arrestano: luci e ombre sono i due estremi dell’intero album. Paradossalmente (?), si affaccia persino l’eco distante di Jean-Michelle Jarre e di una deriva elettronica ambient (o persino chill-out), con ritmo ipnotico e quasi ballabile. La batteria elettronica spinge avanti il tutto, la ricombinazione del piccolo tema genera un effetto straniante. In Blue Boy emergono momenti quasi carpenteriani, poi la chitarra (inconfondibile, eppure diversa dai suoni cui ci ha abituato) riporta tutto a casa. Qualche tentazione harsh-noise non basta a colpire in profondità, ma non è questo l’intento: il viaggio siderale non spaventa, piuttosto avvince. Purtroppo Epehemera rischia, nella sua carezzevolezza, un’ombra di noia, ma le trasformazioni continue e l’inserimento dei suoni porta a una sorta di trance, da cui emergono elementi non solo melodici ma anche armonici che non è facile fissare. Forse Dream Machine dichiara definitivamente le coordinate del disco, che non teme virate kraut o la presenza di piccole bizzarrie.
L’idea di improvvisazione aperta, di progetto proteiforme lascia emergere qua e là punti di contatto col precedente, più magmatico lavoro su John Lee Hooker della coppia Race/Russo. Brian Eno non è lontano, eppure sta in un altro cielo. Twins ribadisce una volta per tutte le coordinate: minimalismo e attesa, l’oscurità del cielo e la luce degli astri, un giro quasi blues, lontano.
Elitario e insieme non così ostico, il disco cela e disvela, non senza qualche programmatica lungaggine e forse nemmeno del tutto al riparo da qualche latente stucchevolezza, che però suona consapevole e deliberata, specie se si conoscono i suoni e la ricerca degli artisti che hanno compiuto questo viaggio nella costellazione più ambigua e affascinante.