Jump For Joy<small></small>
Rock Internazionale • Pop

Gary Louris Jump For Joy

2021 - Sham/Thirty Tigers

08/06/2021 di Pietro Cozzi

#Gary Louris#Rock Internazionale#Pop #solo record #Jump For Joy #Sham #Thirty Tigers #The Jayhawks #Vagabonds

Neanche il tempo di far compiere un annetto al controverso XOXO, ultimo parto dei suoi Jayhawks, ed ecco che Gary Louris si ripresenta già con un disco solista, il secondo del suo repertorio dopo l'ottimo Vagabonds (2008, prodotto niente meno che da Chris Robinson). Misteri e contraddizioni dell'asfittico mondo musicale contemporaneo, che cerca di infittire la densità delle uscite per compensare la carenza di attenzione e di vendite, privilegiando così una fruizione sempre più superficiale dei dischi a scapito della profondità e della decantazione degli ascolti. Jump For Joy sembra proprio un figlio legittimo di questa temperie sociale e culturale, peraltro comune a molti mondi limitrofi a quello delle sette note. Un lavoro che – va detto subito – a scanso del titolo e dell'atmosfera generale, proprio dalla gioia saltare non fa. L'archetipo è quello della canzone pop a ritmo battente, basata su iterazioni e melodie semplici, un pop colmo di riferimenti anche altisonanti (difficile non sentire le fondamenta beatlesiane sotto Living In Between) e “sporcato” qua e là da sonorità psichedelico-elettroniche. A questa vena allegra e spensierata, di cui l'iniziale Almost Home è un'immediata esemplificazione, se ne aggiunge un'altra più sommessa e malinconica, quasi a sfogare una sorta di frustrazione che cova sotto le ceneri. Come conseguenza, Jump For Joy si rivela come un disco molto più controverso e disomogeneo di quanto i primi ascolti facciano supporre, senza mai trovare davvero la sua strada. All'abbondanza di schemi ripetitivi e prevedibili fanno da contraltare degli scarti abbastanza netti (vedi la fluviale Dead Man's Burden) che danno la sensazione di un “piano partita” poco chiaro. O forse fin troppo, se si dà ascolto alle dichiarazioni dello stesso Louris a Riff Magazine: “I want the world to know that Gary Louris is more than an “Americana” roots-rocker” (“voglio che il mondo sappia che Gary Louris è più di un Americana roots-rocker”).

I dieci brani, composti in periodi diversi tra il 2009 e il 2018, sono stati registrati nello studio casalingo dell'autore, e vedono Louris mettersi alla prova con tutti gli strumenti, in perfetto spirito autarchico. L'ossatura dei pezzi è, come detto, abbastanza semplice, ma abbondano le rifiniture elettroniche e soprattutto il suono super-lavorato e “sintetizzato” delle chitarre, che si impone come uno dei marchi di fabbrica del disco: basti ascoltare, a miglior riprova, il pastrocchiato assolo di New Normal, che si risolve in un finale rumoristico stroncato di colpo. Per il resto si lavora sull'appiglio sicuro del ritmo (Almost Home, New Normal) o dei giri di chitarra un po' scontati (Living In Between, Mr. Updike, Follow), ma quello che sembra mancare è la profondità, in canzoni che navigano con il pilota automatico senza dannarsi troppo l'anima. Il roots rock, o quanto meno il tentativo di una commistione tra i generi, sembra completamente alle spalle, in nome di un pop abbastanza pacificato a cui però manca la scintilla, cioè quel quid per rimanere più a lungo nel cuore e nell'anima. Con qualche lodevole eccezione. White Squirrel accenna, fino dagli accordi iniziali, a un folk cosmico-psichedelico, introducendo un salutare elemento di inquietudine, anche grazie all'utilizzo del falsetto. Di One Way Conservation si apprezza il salto emotivo e l'impasto vocale del ritornello, molto di marca Jayhawks. Ma l'apice di Jump For Joy si tocca forse con Too Late The Key, scarto da Paging Mr. Proust (2016), prova cantautorale di grande respiro e colma di torrenziale nostalgia, sostenuta dal giusto impasto elettroacustico: finalmente si respira l'America, e ci si sente rinfrancati, ma forse siamo solo degli inguaribili romantici...

Il finale è in calando, con la cupa title-track e gli otto minuti e passa di Dead Man's Burden, che per lunghezza si discosta in modo netto dal formato più rapido di tutti i pezzi precedenti. La stranezza è evidente, così come lo sforzo autoriale di misurarsi con efficacia su una distanza più lunga. Chiuso da un'ingiustificata reprise strumentale, il pezzo però non sembra andare oltre l'onesto tentativo di mescolare 2-3 pezzi diversi, senza lasciare davvero il segno.

 

 

 

Track List

  • Almost Home
  • Living In Between
  • White Squirrel
  • New Normal
  • Mr. Updike
  • Follow
  • Too Late The Key
  • One Way Conversation
  • Jump For Joy
  • Dead Man`s Burden