ALL MY DUES ARE PAID<small></small>
Jazz Blues Black • Soul

Frank Bey ALL MY DUES ARE PAID

2020 - NOLA BLUE RECORDS

19/06/2020 di Mauro Musicco

#Frank Bey#Jazz Blues Black#Soul

Frank Bey ci ha lasciato questo mese dopo lunga, travagliata, malattia e All My Dues are Paid, pubblicato poco prima della dipartita, appare nel titolo come nemesi malinconica di qualcosa che andava saldato, con sè stesso, la musica, il suo appassionato pubblico. Nella sostanza un disco che è lascito, prezioso, di tanta, elegante, capacità interpretativa del blues, del soul e di ogni altra evangelica elevazione. 

Talento precoce Frank Bey, ricevuto in dote dal cielo ma veicolato da  mamma Maggie Jordan, che ha brillato a lungo seppure con una lunghissima pausa per fare altro  tra la fine degli anno ’70 e la metà degli anni ’90. Non molto tempo addietro, i fortunati che erano al Porretta Soul Festival, hanno avuto modo di apprezzare. Musicalmente svezzato in famiglia, con una sperimentata adolescenza nei Rising Sons di cugini e fratelli, Frank Bey ha frequentato l’università del soul nell’orbita di Otis Redding, di James Brown e in scia, dei Blind Boys of Alabama.

Nato all’anagrafe come Frank Bass di quel “Bey” andrebbe detto. Qualcosa di molto diverso dal solo, mutageno, vezzo artistico, segno invece dell’affiliazione alla Moorish Science Temple of America, organizzazione culturale panafricanista nata a inizio ‘900 e scivolata nel tempo tra le formazioni del nazionalismo nero. Lì si chiedeva, e forse si chiede tuttora, di cambiare il cognome in “Bey” o “El” perchè tutti i fratelli neri potessero riconoscerne principi e valori dell’organizzazione. Consesso afroamericano, come altre, simili, affiliazioni, la Moorish Science Temple of America nacque nel solco della richiesta afroamericana di un riconoscimento sociale e identitario, lma anche luogo di trasformazione individuale attraverso un impegno collettivo. Ancora attiva come spazio di aggregazione è organizzazione che taluni sinistri affiliati e l’FBI hanno contribuito a tenerne alta la popolarità. Una storia affascinante che andrebbe approfondita ma non qui. Ciò che importa è che il giovane Frank Bey sentì la chiamata per una testimonianza in musica  non dissociata da un impegno nella società. 

Tornando a All My Dues are Paid, il lavoro è ricco, gioioso di strumentalità raffinate, godibile per qualità espressiva, vocalmente vivo di cori, di doppie voci, di chiamate e risposte, impeccabile per capacità di emozionare, di elevare lo spirito, la missione prima del blues e del soul.

Perle ce ne sono, come Idle hands di wha-wha munita, che Luther Allison da lassù si commuove, come He Stopped Loving Her Today, i cui violini una volta tanto non stonano accanto a un delizioso mandolinato, un cambio di tonalità, un parlato o come la Calling All Fools, che Willie Dixon avrebbe benedetto, o ancora come Ha Ha in the Daytime, l’ironia di un blues geometrico o la linea di basso mozzafiato di One Thing Every Day. Tutto il lavoro di Frank Bey è comunque di grazia investito, compreso l’omaggio, spiazzante, al Lou Reed di Perfect Day preludio di una commovente, superba, blues version di Imagine di John Lennon che chiude l’album. What else?

Track List

  • Idle Hands
  • One of These days
  • Calling All Fools
  • It’s a Pleasure
  • All my Dues Are Paid
  • He Stopped Loving Her Today
  • I Bet I Never Cross Your Mind
  • Never No More
  • Ha ha in the Daytime
  • If It’s Really Got to Be This way
  • Perfect Day
  • Imagine