Figli Di Madre Ignota Tamboo tamboo
2004 - Saphary Deluxe / Venus
Anche per il genere musicale proposto vale un pò la stessa regola: i Figli di Madre Ignota più che mischiare gli stili musicali (quella forse era una caratteristica del loro primo lavoro “Kanakapila”) li ripercorrono a ritroso, in una forma davvero personale e abbastanza sghemba: swing, surf, blues, polka, ska sono gli ingredienti speziati di "Tamboo Tamboo". Il titolo suona molto estivo, anche se non ha nulla a che vedere con quei furbastri che tentano di accalappiare l´attenzione con formule esotiche: insomma non c´era periodo migliore se non la calda e festaiola estate milanese per assaporare i nuovi pezzi, frutti dei molti sforzi, dei tanti viaggi che la band lombarda ha fatto esibendosi, facendosi apprezzare non poco, anche all’estero. Si, perché dovete sapere che I Figli di Madre Ignota sono schifosamente ingordi: non rinunciano proprio a niente, dalla semplicità folk d´autore di "Ohi Marie", ai toni mediterranei di “Turkisch Coffe”. Per di più si trovano un po’ ovunque arpeggi di chitarra surf, anche se suonano meglio nello swing della “Polka della Polizia”. Le chitarre fanno breccia costruendo momenti rock moderatamente aggressivi, i sax e le trombe suonano swing, ska, rumba in un delirio sognante in cui la calda brezza dei suoni nord africani si concretizza in “Amamet (Solo Per Te)”.
E´ difficile, a questo punto mettere dell´ordine in questo gran casino, non resta che ballare (le occasioni non sono poche) spensierati la nuova danza del "Tamboo Tamboo" (Dio solo sa come diavolo si balla) e consolarci immaginando la fanfara bulgara di "Milano Manaus" che soffia condita in salsa latino americana. Per questo facciamo i complimenti alla sezione fiati, che se non fosse per l´esistenza degli Aretuska di Roy Paci, avrebbero vinto la nostra medaglia d´oro, bene la ritmica dal retrogusto etno-rock, bene la scrittura del Pampaluna che con dei testi oggi meno grotteschi ci immerge in racconti di luoghi fantastici e personaggi davvero loschi.
Questa volta il “Brave Combo” ha raffinato lo stile, smussato gli spigoli, ha guadagnato diverse abilità, anche nel guarnire le tracce di molti intermezzi, come il mercato partenopeo di “Robb´e’butticche” e il “Prologo” in stile circense, che rendono gradevole l’ascolto del disco.
“Tamboo Tamboo” ripercorre meglio le stesse strade di “Kanakapila”, non si sgancia da quelle idee che videro i Figli di Madre Ignota esordire nel 2001: per ora ci rimane una buona conferma e la speranza che nel futuro la band riesca ad elaborare qualcosa di nuovo. Per info: www.sapharydeluxe.it/ www.figlidimadreignota.it/